Prosegue il dibattito sul presidenzialismo e ammetto che non è una questione che turbi i sonni degli italiani, a cui anzi pare una sorta di divertimento per pochi intimi malati di politica.
Ma due parole le vorrei dire, spendendo qui la mia esperienza di “societarista” e la mia inesperienza di costituzionalista.
Il societarista è quel professionista che studia e si diletta di sistemi di governance nelle aziende e quindi – diciamo – di “vestiti” su misura, di assetti societari per le imprese. Mi occupo, insomma, di società di persone e di capitali, cercando soluzioni che mettano in efficienza la catena di comando da una parte (gli amministratori) ed il popolo dei soci, a cui spetta il potere di sostituirli e di cambiare le regole del gioco, dall’altra.
L’equilibrio tra il potere degli amministratori ed il contropotere dei soci, specie di quelli di minoranza, dipende dal tipo di società (persone, capitali), dal fatto che gli amministratori siano o meno anche soci e da quanto il capitale sociale sia suddiviso tra pochi o tra molti soci.
Generalmente, il potere degli amministratori è molto più forte a mano a mano che la compagine sociale diventa numerosa; essi vengono perciò ad essere eletti da una pluralità di persone e non sono “monopolizzati” da pochi soci che detengono alte quote di capitale sociale.
L’efficienza delle aziende aumenta a mano a mano che il potere degli amministratori, se forte di ampio consenso, riesce a far prendere loro rapide decisioni e soprattutto a farle eseguire in modo altrettanto veloce. Se l’organo amministrativo resta in carica in modo stabile ed indiscusso per abbastanza tempo, ha la possibilità di modellare l’azienda a sua immagine e secondo gli scopi che reputa opportuni.
Viceversa, l’efficienza delle aziende diminuisce a mano a mano che il capitale si concentra in poche mani, cosa che mette -non sempre ma molto spesso- gli amministratori in uno stato di sudditanza nei confronti di pochi padri-padroni, che non sempre capiscono di economia aziendale o di mercato.
Ovviamente, un assetto di governance aziendale non garantisce di per sé il successo, perché questo dipende anche dalla capacità della guida e da fattori esterni non sempre prevedibili.
Ma un valido management inserito in un assetto chiaro e stabile ed efficiente, riesce a fare molto meglio e molto di più che non in un’azienda il cui assetto è confuso o in balìa dei capricci di pochi padroni.
Dal mio punto di vista, tenendo presente quanto sopra, il sistema dei partiti che è emerso dalla Costituzione arrivando fino a noi, non può che dirsi fallito.
I partiti sono i pochi padroni dei nostri Governi.
L’Italia è tra le prime nazioni al mondo per peso economico ma non certo per meriti del suo assetto istituzionale, quanto piuttosto per una serie di circostanze storiche, che ci hanno messo qui, paese di cerniera nella guerra fredda, terminata oramai quasi 30 anni fa.
Non è un caso che in effetti da 30 anni in Italia non si è fatta una riforma importante e che il paese sta perdendo terreno e andando avanti di questo passo uscirà rapidamente dal novero delle nazioni “trainanti” a livello mondiale. Se già non l’ha fatto.
In questo periodo possiamo dire che l’Italia ha trasformato il proprio parlamento in un bivacco per manipoli dei partiti. Sempre pronti a mettere il loro particolare interesse davanti a quello della Nazione.
Se allora la diagnosi è che la malattia è il parlamentarismo a sua volta malato di partitocrazia, a mio parere non si può non prendere in considerazione il presidenzialismo e io direi – in particolare – il modello francese, detto semipresidenzialista.
Illuminante a mio parere è questa intervista a Divellec. Il quale mette in luce molto bene i pregi ed i difetti di quanto accade in Francia. Certo, non siamo obbligati a credere che un sistema istituzionale di per sè trasformi i politici in bravi politici; ma intanto può contribuire a far crescere un nuovo stile di politica e una nuova funzione della stessa. Più vicina alla gente.
Non dobbiamo importare i difetti che Divellec cita del modello francese. Possiamo adattarlo al nostro modo di vedere le cose e per esempio concedere maggiori poteri al Parlamento e/o limitare il ricorso ai decreti presidenziali. Ma mi pare essenziale parlarne ed uscire dal parlamentarismo, che alla lunga in Italia non ha funzionato ed a chi pensa che il presidenzialismo ci metta pericolosamente in mano all’uomo forte ricorderei che Mussolini ed Hitler nacquero da sistemi parlamentari inconcludenti.
Quindi sono perfettamente d’accordo con Giacalone. Illuminante.