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In materia di IVA, la tenuta di una contabilità formalmente regolare da parte del contribuente, non impedisce una ricostruzione indiretta dei ricavi e del volume d’affari sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti.Risulta legittimo infatti, l’accertamento per infedeltà della dichiarazione anche in base ad altri documenti o ad altri dati e notizie, dalle quali sia possibile desumere omissioni, indicazioni inesatte o false.La Cassazione con l’ordinanza 3 luglio 2012 n.11119 ha accolto, infatti, il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, ribadendo che è’ valido l’accertamento induttivo dell’IVA basato sui prezzi esposti al pubblico anche se la contabilità aziendale è formalmente regolare. Quindi legittimano l’atto impositivo anche presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti. E’ quanto deciso dalla Corte di cassazione con l’ordinanza 3 luglio 2012, n.11119.In altri termini, la prova per una dichiarazione IVA infedele può essere desunta anche dalla discordanza tra i prezzi esposti in vetrina e quelli corrispondenti a quanto dichiarato.