Pride (UK, Francia 2014) Regia: Matthew Warchus Sceneggiatura: Stephen Beresford Cast: Ben Schnetzer, George MacKay, Joseph Gilgun, Faye Marsay, Andrew Scott, Dominic West, Paddy Considine, Jessica Gunning, Imelda Staunton, Bill Nighy, Kyle Rees, Jessie Cave, Karina Fernandez, Russell Tovey Genere: battagliero Se ti piace guarda anche: Grazie, signora Thatcher, Full Monty, Billy Elliot, Sunshine on Leith
Oggi faccio coming out: mi piacciono i gay. Non è che mi piacciono nel senso che vorrei prendergli il sedere. E non mi piacciono nemmeno tutti. Mi piacciono quelli che hanno il coraggio di battersi per i loro diritti, di mostrare ciò che sono, di gridarlo a gran voce, non importa quali possano essere le conseguenze. E mi piacciono anche le pellicole a tematica gay. Faccio un altro coming out e dico una cosa che mai avrei immaginato di dire: mi piacciono i minatori. I minatori inglesi anni '80, quelli che hanno scioperato contro la Thatcher. Su di lei non devo certo fare coming out. Ho sempre detto che non mi piace e continuo a ripeterlo anche ora che quella strega è morta.
Dall'unione inaspettata di lesbiche e gay + minatori è nata nell'Inghilterra degli anni Ottanta una delle vicende che meglio hanno espresso il superamento di ogni pregiudizio nel corso della Storia. Una storia perfetta per essere portata sul grande schermo, ma anche ad altissimo rischio. Il rischio di cadere nel banale, nello stucchevole, nel volemose bene. In Italia magari ne sarebbe uscita una cosa del genere, o forse no perché in Italia, non tutti se ne sono accorti, ma si stanno facendo cose piuttosto coraggiose. Ad esempio una serie come 1992 che, senza troppi problemi, fa nomi e cognomi di veri politici, una cosa che le serie americane persino via cavo al momento mi sembra si sognino, si vedano le pur ottime House of Cards o The Newsroom. In Italia una pellicola del genere comunque andrebbe studiata a fondo. Non tanto da un punto di vista cinematografico, per quanto il livello della pellicola firmata da Matthew Warchus sia buono. Pride dovrebbe essere mostrato ai vari rappresentanti dei sindacati nostrani, divisi non sanno manco bene loro per quali motivi o pretesti. L'unione fa la forza. Già dovrebbero saperlo, ma magari una visione a questo film può tornare utile per rinfrescar loro la memoria.
In questo caso comunque non siamo in Italia, siamo nel Regno Unito e la vicenda viene affrontata senza troppi patetismi di sorta. Qualche scenona che strizza l'occhio al grande pubblico c'è, così come anche qualche momento molto toccante. Il bello di un film come Pride è pure questo. Non si tira indietro e non ha paura di mostrare il suo cuore. C'è una scena bellissima ad esempio in cui, nel corso di un discorso, la macchina da presa distoglie l'attenzione da chi quel discorso lo sta facendo per concentrarsi sul primo bacio di un ragazzo gay lì presente. Questo perché il film sottolinea l'importanza delle battaglie politiche e sociali, sì, ma allo stesso tempo vuole mostrare anche altro.
Pride si trova ad affrontare un sacco di questioni delicate, come omosessualità, AIDS, scioperi sindacali, conflitti generazionali, socio-culturali ed economici, e in una maniera clamorosamente azzeccata riesce a dare spazio a tutto, senza affrontare niente con superficialità, e a tutti i suoi molteplici personaggi, senza che nessuno appaia come una macchietta. In due ore era difficile condensare così tanta roba e non so bene come ci siano riusciti, ma ci sono riusciti. Forse è merito di un ritmo indiavolato, accompagnato da una colonna sonora che si muove bene tra classici della tradizione britannica e musica disco, in cui non poteva mancare “Love & Pride” dei King. O forse è per il suo saper camminare in equilibrio tra tematiche gay e tematiche non gay, tra drama e commedia, con un tocco leggero che accompagna tutti i momenti, anche quelli più in apparenza pesanti. O forse, anzi certamente, è pure merito dell'ottimo cast corale, in cui spiccano l'emergente da tenere d'occhio Ben Schnetzer, il simpatico Joseph Gilgun già mitico Rudy di Misfits, la fighissima lesbica interpretata da Faye Marsay, la pacioccosa Jessica Gunning e sopra a tutti uno stellare Dominic West, visto finora più che altro in parti da playboy etero, come nelle serie The Hour e The Affair, che riesce a portare sullo schermo il ruolo di un gay appariscente e sopra le righe, ma non una stereotipata “checca isterica”, mi si passi il termine. La sua scena disco dance alla John Travolta è già cult.
Sono orgoglioso di aver visto Pride e sono orgoglioso che mi sia piaciuto davvero parecchio. Di recente ero un po' preoccupato. Stavo cominciando a pensare di essere diventato non omofobo, piuttosto cineomofobo. In passato avevo apprezzato un sacco pellicole a tematica LGBT come Brokeback Mountain, In & Out, Dallas Buyers Club, Dietro i candelabri e The Normal Heart, senza menzionare i film firmati da Xavier Dolan e Gregg Araki, mentre quest'anno mi sono trovato a bocciare una pellicola su una coppia di anziani omosessuali come I toni dell'amore - Love Is Strange e a non apprezzare un granché la serie gay di HBO Looking, che ho persino abbandonato a metà della seconda stagione. In cosa mi stavo trasformando? In una vecchia bigotta con la scopa su per il culo?
"Hey, ma allora non sei poi così gay!"
No. È solo che Love Is Strange e Looking non sono niente di che. Per fortuna con Pride sono ritornato a riamare il cinema gay... che poi definirlo solo un film gay è limitativo. È ghettizzante. È pregiudiziale e Pride riesce a raccontare proprio il superamento di ogni pregiudizio, sia quelli dei minatori nei confronti dei gay che quelli dei gay nei confronti dei minatori. E poi non bisogna stare a distinguere le persone tra etero e gay, solo tra persone belle e brutte. Lo stesso vale per i film. Non è importante stabilire se Pride rientri nella categoria di pellicola gay o di impegno sociale in generale, oppure se sia più una comedy o un drama. Pride è una pellicola bella e basta. (voto 8/10)