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“Prigionieri del paradiso” di William Gass

Creato il 14 marzo 2011 da Abo

“Prigionieri del paradiso” di William Gass“Prigionieri del paradiso” di William Gass
Prigionieri del paradiso
Willia Gass, 1966
Minimum fax (Trad. di Bruno Oddera)
395 pagine, 12 euro

Gilean, Ohio, è una cittadina sonnacchiosa senza molto da dire.
Un giorno di fine Ottocento, a bordo di un carro su cui sono affastellati tutti i suoi averi, la moglie e due figlie, a Gilean giunge Brackett Omensetter.
L’omaccione sembra poco più di un sempliciotto, eppure gli abitanti della cittadina fanno in fretta ad accorgersi di una sua peculiarità: Omensetter ha una fortuna sfacciata.
Una caratteristica, questa, che si manifesta soprattutto nelle piccole cose, ma che ha ben presto ripercussioni sul suo ruolo nella società. C’è chi lo considera circonfuso da un’aura quasi messianica, e chi invece lo prende in antipatia. Tra i secondi, il reverendo Jethro Furber, che cercherà con ogni mezzo di mettere gli abitanti di Gilean contro il nuovo arrivato.

Omensetter’s Luck (questo il titolo originale, didascalico ma più evocativo dell’italiano Prigionieri del paradiso) venne pubblicato nel 1966, riscuotendo ampi consensi da tutta la stampa specializzata americana.
Come spesso accade con i testi che fanno gridare la critica (quella seria) al capolavoro, è tutt’altro che un libro semplice. Strutturato in tre capitoli, affidati rispettivamente a Israbestis Tott, Henry Pimber e al reverendo Furber (con quest’ultimo che occupa circa tre quarti delle pagine totali), è scritto in una forma che da principio può risultare ostica.
Nel racconto di ognuno dei tre narratori, Gass fonde brandelli di discorso diretto, limerick, ampi flussi di coscienza, suoni onomatopeici: una miscellanea di stili e voci capace di stordire anche il lettore abituato a testi sperimentali (con l’aggravante che proprio i primi due capitoli sono quelli più impressionistici).
Preso il ritmo, la prosa di Gass si svela però in tutta la sua ricchezza.
Ecco, ad esempio, una carrellata degli abitanti di Gilean:

C’erano il reverendo Jethro Furber, una fiamma che anneriva, e la signora Valient Hatstat, con chiazze di anelli sulle dita e una piccola cicatrice biancasimile a un’incrostazione di bianco d’uovo rimastale appiccicata a un angolo della bocca; c’era il dottor Truxton Orcutt dai denti marci e dalla barba macchiata di succo di tabacco, che sembrava una casa dalle grondaie arrugginite; c’erano la signora Rosa Knox, morbida come un divano e loquace come una fontana, con il suo ridacchiare intermittente che le faceva tremolare i seni, e anche Israbestis Tott, al tempo stesso accattone, organetto a manovella, tazza, catena, scimmia. e c’era la signora Gladys Chamlay, quel rametto scorticato, con il naso simile al becco di un uccello della giungla, i denti come quelli di un animale. e la signorina Samantha Tott, così alta da essere convinta di dover chinare la testa sotto il sole.

Similitudini azzardate, certo, eppure vive, precise come una fotografia. Visto lo scarso numero di descrizioni dei luoghi, tutti questi personaggi fungono da quinte, da sfonde davanti a cui si muovono i due principali protagonisti della storia. Omensetter, corpulento, sporco, un uomo che aderisce con spensieratezza ai propri istinti. Vive come un gatto addormentato su una sedia, dice di lui il reverendo Furber. Il quale invece è inquieto, tormentato da una fede incerta, ed è di conseguenza incapace di trasmetterla ai suoi compaesani.
Furber che spia gli abitanti di Gilean mentre fanno il bagno nel fiume, desideroso di unirsi a loro. Furber che fantastica ogni genere di fornicazione. Furber che odia Omensetter, il peccatore che sembra essere baciato da Dio nonostante i suoi atteggiamenti sconvenienti: Una fortuna come la sua non era naturale. Doveva essere meritata.
Sono due figure in cui non è difficile riconoscere caratteristiche universali, quasi bibliche: il gaudente e il fariseo, con il secondo che non riesce ad accettare la felicità e la fortuna del primo, e il primo incredulo davanti all’odio che suscita nel secondo.
In questa tensione risiede la forza del romanzo, che non esiterei a definire un gran pezzo di bravura.
Resistete alla difficoltà iniziali della lettura, e sarete ripagati.

Pro:
- I due coprotagonisti, Furber e Omensetter, e le insanabili differenze che li separano.
- La spirale per cui, una volta creato il mito della fortuna di Omensetter, le si attribuiscono eventi che nulla hanno a che fare con essa.
- Traduzione non semplice, ma mi è sembrata più che convincente.

Contro:
Se non amate la forma del flusso di coscienza non è romanzo che fa per voi.

La citazione:
Nelle donne la vendetta prende l’aspetto della religione.


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