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Prima medaglia “nera” per Sochi: quella del danno ambientale diffuso

Creato il 08 febbraio 2014 da Webnewsman @lenews1
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Pubblicato da Paolo Somà

Le Olimpiadi di Sochi, appena iniziate, possono già annoverare una serie di epiteti che le faranno ricordare in negativo, indipendentemente dalla riuscita delle gare sportive e dei vari medaglieri.
La gigantesca macchina organizzativa ha delle vistose falle nelle comunicazioni, nella delocalizzazione degli impianti, a volte distanti centinaia di chilometri, nel non completamento degli stessi (si parla di cantieri ancora aperti a due passi dalle zone di gara o di accoglienza degli atleti), nei coordinamenti. La manifestazione sportiva dei giochi olimpici invernali è un bel balocco che serve più che altro a celebrare in pompa magna l’immagine di “zar” Putin.

Senza dubbio però, la macchia più grande che imbratta l’evento, è il costo e lo spreco che il terriorio ha dovuto pagare e subire in termini di danni ambientali.
Da più parti si alzano voci di protesta e di condanna contro la devastazione che i cantieri per le Olimpiadi hanno generato.

La Russia aveva garantito, in fase di candidatura, che avrebbe seguito le norme della bioedilizia e la politica dei “rifiuti zero”, eppure gli ecosistemi dell’area sono stati devastati da ben sette discariche abusive legate alla costruzione degli impianti sportivi, che sono costati la bellezza di 51 miliardi di dollari e che hanno portato alla cancellazione di cinquemila ettari di foreste incontaminate, all’annichilimento delle aree umide che servivano da scalo per gli uccelli migratori, letteralmente colmate da scarichi di rifiuti e materiale di scarto proveniente dai cantieri.
Senza contare che alcune strutture olimpiche sono state edificate direttamente dentro parchi nazionali protetti, modificando di soppiatto le norme di tutela.

Naturalmente i danni ambientali si ripercuotono sulle popolazioni locali: frequente carenza di forniture elettriche, cedimento del terreno, inondazioni e notevole inquinamento. Diversi paesini attorno a Sochi sono senza acqua corrente o fognature a seguito dei lavori per le Olimpiadi invernali.
Nel villaggio di Akhshtyr, i residenti segnalano una discarica illegale – creata da un imprenditore coinvolto nella costruzione delle strutture olimpiche – che ha sporcato l’aria e un torrente che alimenta la rete idrica Sochi (nella fotografia della galleria immagini si vede bene la gigantesca discarica accanto al corso d’acqua – foto 1).
I rifiuti di un altro immondezzaio abusivo nel villaggio di Loo, sono fluiti in un ruscello che termina la sua corsa nel Mar Nero.
Altre discariche sono state identificate a Belorechensk (foto 2 e 3) ed a Uch-Dere, assai vicina a Sochi. Anche qui si tratta di accumuli di materiale derivato dagli scavi, rifiuti di prodotti dei procedimenti costruttivi, scarti di ogni sorta.
Su Google Earth si nota poi il gigantesco sbancamento di un’area a Nord di Uch-Dere (foto 4 e 5); è possibile si tratti proprio della discarica citata da fonti ambientaliste locali. La zona è stata prima utilizzata per produrre materiali per le costruzioni dei cantieri olimpici e poi riutilizzata per stiparci i rifiuti e prodotti di scarto potenzialmente inquinanti.

Nulla di nuovo, dunque, sotto il sole. La facciata è luccicante, ma dietro le quinte lo squallore è senza fine.

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