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Primarie: strumento politico o di marketing?

Creato il 28 febbraio 2012 da Abattoir

martedì 28 febbraio 2012 di

In Italia nel 2005, per la prima volta, si parlò di elezioni primarie, elezioni sul modello americano per decidere chi fosse il capo della grande coalizione del polo di sinistra.
Negli USA la politica ha un sistema bipartitico che fa sì che ogni volta a sfidarsi siano sempre il partito dei Repubblicani contro il partito dei Democratici e le varie differenze di pensiero dei cittadini si muovono all’interno di questi due grandi schemi. Dentro ogni partito quindi ci sono diverse correnti e le primarie hanno come obiettivo di scegliere quale candidato rappresenta al meglio la maggioranza delle correnti all’interno del partito.
Con la stessa logica in Italia si provò a scegliere chi dovesse sfidare Berlusconi. Il favorito era il caro buon vecchio bradipo del “Professore”, appellativo che non si riferiva a “SuperMario Monti” ma a Romano Prodi (che a rapporti di potere con le banche europee non scherzava nemmeno).
Allo stile riformatore, democratico e dinosaurico del “mortadella” (altro soprannome di Prodi) si opponevano i diversi capi degli altri partiti della sinistra.
Già allora le primarie italiane si dimostrarono una farsa, in una nazione in cui il voto ha perso molto del suo senso, come del resto l’intera politica, unita a una cultura individualista che tende a tirare acqua al proprio mulino e si è avuto che ognuno votasse per il suo candidato e che il risultato finale fosse semplicemente uguale a quello iniziale. I partiti di minoranza presero meno voti, mentre i partiti maggiori, DS e Margherita, uniti nell’Ulivo ottennero più voti (non proprio i partiti, ma il loro candidato, mi piace sottolineare questa differenza perché in Italia si vota la faccia del candidato, non il progetto politico del partito che lo sostiene!).

Da allora in poi in Italia a ogni turnazione elettorale i candidati della sinistra si sono sfidati in questo gioco delle primarie.
Le elezioni primarie, ideologicamente, sarebbero uno strumento di politica partecipativa in cui la popolazione sceglie i suoi candidati, senza necessariamente essere iscritti ad un partito e senza scegliere necessariamente quello proposto dalla dirigenza dei partiti.
Non è un caso che dove si siano fatte le primarie, il vincitore vince anche la sfida elettorale decisiva, proprio perché gode del supporto diretto della cittadinanza che lo vota e l’ha scelto, ponderatamente, durante la fase della campagna per le primarie.

C’è un altro motivo per cui spesso vincono anche alle elezioni “secondarie” (come le chiamò Bersani): le primarie sono uno strumento di marketing.

Grazie alla scusa delle primarie, infatti, i candidati cominciano a presentarsi prima agli elettori, si mettono in mostra sui giornali, sui vari blog, social network, trasmissioni televisivi, cartelloni stradali. Cominciano una vera e propria campagna elettorale, con tanto di convention con i supporter nazionali. Inizia inoltra la raccolta fondi, cosa da non sottovalutare. Obama ha cominciato la sua raccolta fondi e in un solo mese ha già raccolto 29 mila dollari. Forse noi in Italia non siamo così generosi a priori, forse preferiamo darli come tangente ad elezione già vinta, ma anche le nostre primarie fanno cassa.

Le primarie quindi possono essere pure delle farse, ma sono per la nostra arrancante sinistra sono necessarie, anche al costo di fare delle primarie che siano palesemente una fregatura, perché senza cassa non si può fare campagna elettorale ed è necessario creare quel teasing che darà risposta nella cabina elettorale.

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