Ve l’avevo detto che oggi sarei stata monotematica, no?
Anche se il grosso dei premi è stato a favore di The Artist (splendida storia in bianco e nero sul film muto…che, però non posso recensire perchè non ho ancora visto), il primo dei film post Oscar di cui voglio parlarvi è Hugo Cabret.
Il trailer mi aveva incuriosito e ammaliato quando la piccola peste ci aveva convinto a portarla a vedere Alvin Superstar….
Così sabato scorso, quando abbiamo deciso di tornare al cinema, la scelta è stata fatta in meno di 5 minuti (e devo dire grazie al fatto che I Muppets erano programmati soltanto in sale parecchio distanti da casa).
E’ stato amore al primo fotogramma.
Per la storia, quella di Hugo, un bambino rimasto orfano, che vive di nascosto all’interno di un stazione ferroviaria francese degli anni ’30.
Suo unico “amico”, una sorta di grande carillion di forma simil robotica che, in teoria, dovrebbe scrivere.
Un oggetto quasi magico che il padre di Hugo, orologiaio assai esperto, aveva riportato a casa un giorno con l’intenzione di aggiustarlo.
Ma era morto in un drammatico incidente prima di portare a termine il lavoro.
Il piccolo Hugo viene preso dallo zio Charles, un orologiaio squattrinato e dedito all’alcool, che si occupava di far funzionare tutti gli orologi della stazione ferroviaria.
Porta il malcapitato all’interno di uno di questi enormi orologi e se ne va, lasciandolo solo.
Hugo vive le sue giornate sbirciando le persone che passano in stazione, e quelli che lavorano li.
La fioraia gentile e riservata, il gendarme con la gamba malata e il pessimo carattere, la proprietaria del cafè, col suo inseparabile cagnolino.
Ma soprattutto lui: il proprietario del negozio che ripara giocattoli (dal quale Hugo trafuga, di tanto in tanto piccoli meccanismi e attrezzi per riparare il suo robot).
Ma quell’uomo serio e severo nasconde un segreto.
Che in qualche modo lo lega proprio a quello strano robot, unico ricordo di suo padre.
E che lo trasporterà in un viaggio fantastico alla scoperta delle origini di quella meraviglia chiamata cinema.
Bene, perchè se quando ci andate mi avvisate…potrei tornare per un bis!
Hugo Cabret è una favola.
Con qualche elemento magico (e l’atmosfera, in certi punti fa pensare un pochino ad Amélie), e con quel pizzico di avventura che non guasta.
Meravigliosa la fotografia, strepitosi i costumi, bravissimi gli attori.
E in effetti le 5 statuette portate a casa sono per effetti speciali, fotografia, sonoro, montaggio sonoro e la scenografia (ad opera, quest’ultima, di Dante Rossetti e Francesca Lo Schiavo).
E nonostante Martin Scorsese l’abbia pensato per la visione in 3D, mantiene quel sapore genuino dei film “di una volta”.
Senza sembrare finto.
Si viene trasportati in un’epoca affascinante, magari dura e poco adatta ai sogni, perchè in pieno dopoguerra.
Eppure l’atmosfera è positiva.
Si sente la forte voglia di sognare, di trovare il buono nelle persone (perchè, diciamolo: anche il burbero gendarme, visto sotto una luce diversa, tanto burbero non è).
Vi ho convinto ad andare a vederlo?
Pensato da
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