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Primo comando, in inglese Master and Commander, è il primo di una serie di romanzi di Patrick O'Brian, ambientati durante le guerre napoleoniche. Se il nome vi sembra familiare, non è un caso: è il romanzo a cui si ispira il film Master and Commander con Russell Crowe. Sono giunta a questo libro dopo aver letto un post che mi ha, ovviamente, incuriosito tantissimo, scritto da un janeite (yes, a man! ^_^ ).
È un romanzo di avventura e, se escludo Viaggio al centro della Terra e Il giro del mondo in 80 giorni che per me sono state più favole che romanzi*, penso sia il primo romanzo di avventura che leggo. Non avevo aspettative molto alte, pensavo fosse solo un romanzo ambientato su una nave da guerra, cosa può mai succedere, a parte gente mutilata o morta? Ecco, chiaramente mi sbagliavo!
Nonostante il racconto sia abbastanza ripetitivo, è davvero avvincente. In sostanza il brigantino/corvetta Sophie non fa altro che navigare nel Mediterraneo, intercettando navi spagnole e francesi, scontrandosi con esse e uscendone vincente o perdente, ma questo non risulta mai noioso perché i personaggi sono molto credibili e si comportano in modo coerente, mentre le azioni di guerra curate e dettagliate rendono la narrazione verosimile e mai scontata. Non ci sono eroi, non ci sono uomini perfetti che incarnano ideali o virtù, si tratta solo di uomini, alcuni avidi, altri stupidi, altri incoscienti, altri ancora coraggiosi, immaturi, testardi, infidi, vigliacchi, manipolatori, invidiosi, feriti, tormentati, teneri, intelligenti, ma sempre e solo uomini. Questo continuo mostrare le debolezze dei vari personaggi rende subito chiaro che non ci saranno personaggi immuni al dolore e alla sofferenza, fisica o psicologica che sia. Inoltre, e questo non me lo aspettavo, la personalità dei personaggi principali, ad esclusione di Maturin, cambia a seconda che si trovino per mare o a terra. Il capitano Aubrey che a terra risulta essere un ragazzone goffo, sanguigno e un po' inopportuno, a bordo è invece deciso, audace, carismatico e, per certi versi, saggio.
Mi è dispiaciuto davvero tanto per Dillon, più per il suo tormento interiore che per il resto e avrei voluto che ci fosse un chiarimento prima che fosse troppo tardi. Ci ho sperato fino all'ultimo, ma complimenti a O'Brian perché non mi ha accontentato e mi ha colto alla sprovvista. Dopotutto in base alla mia esperienza, è più facile che un malinteso rimanga tale piuttosto che una delle due parti si decida a risolverlo, quindi perché in un romanzo sarebbe dovuto essere diverso? Forse proprio perché è un romanzo e lì si può edulcorare un po' lo squallore della realtà. :D Comunque, come ho scritto, la fine di Dillon mi ha sorpreso e anche io come Aubrey ho pensato a lui per molto tempo. In generale, questo romanzo è riuscito a farmi provare molte sensazioni, dalla tensione per l'esito degli scontri, al senso di libertà, passando per indignazione, tenerezza, soddisfazione, delusione, orgoglio. Giusto il finale mi ha lasciato un po' interdetta perché non mi aspettavo che finisse in modo così netto e improvviso, ma considerando che si tratta di una serie, ci sta.
Il grande difetto, se così si può chiamare, di questo libro è l'immenso vocabolario nautico necessario per capire la vita a bordo, la configurazione delle navi e le varie manovre. Alla fine del libro c'è un piccolo dizionario, ma non è facile ricordare tutti i termini e non si può consultare una definizione ogni tre righe senza rovinare il ritmo della lettura. Inoltre, la mia curiosità mi ha praticamente costretto a cercare su Google le foto dei vari velieri citati, almeno per capire a grandi linee la differenza, per non parlare delle varie vele e sezioni di una nave che risultavano poco chiare anche dopo aver letto le rispettive definizioni. Dopo un po' mi sono arresa e ho deciso che una vela resta una vela indipendentemente dalla sua forma, dimensione e posizione. :D
In generale, questo romanzo è stata una bellissima sorpresa e mi ha completamente catturato. Ho già iniziato il successivo della serie, Costa sottovento.
*Perdonami, Jules, non è colpa tua, è il tempo e il progresso scientifico! Comunque, sappi che mi sono divertita molto a leggere i tuoi libri.
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