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Primo Levi raccontare per non dimenticare (prima parte)

Da Lielarousse

Roma 26 ottobre 2013

Primo Levi

Nato a Torino nel 1919 da una famiglia ebraica di agiate condizioni economiche, si laureò in chimica nel 1941 nel capoluogo piemontese.

Le persecuzioni razziali e l’impegno politico  lo spinsero, nel periodo della resistenza, a unirsi alle formazioni partigiane della Valle d’Aosta.

Catturato nel dicembre del 1943, dopo un breve internamento nel campo di Fossoli, in provincia di Modena, nel febbraio del 1944 venne deportato  nel campo di concentramento nazista di Auschwitz, in Polonia.

Qui rimase per circa un’anno, fino alla liberazione per opera delle truppe sovietiche, nel gennaio del 1945.

Solo nove mesi più tardi riuscì a tornare in patria, dopo un viaggio reso complicato e pericoloso dalla contemporanea ritirata delle truppe di Hitler verso la Germania.

Rientrato in Italia, Levi si impiegò come chimico in un’industria di vernici, ma iniziò immediatamente anche l’attività di scrittore.

Pubblicò nel 1947, proprio sulla tremenda esperienza vissuta nel campo di Auschwitz, il romanzo autobiografico Se questo è un uomo.

Il romanzo però incontrò il successo solo dieci anni più tardi, nella riedizione dell’opera da parte della casa editrice Einaudi.

Del 1963 è il secondo romanzo, La Tregua, ispirato ai mesi del travagliato ritorno in patria dei reduci dai lager.

Ai due romanzi, negli anni successivi, fecero seguito altre opere di successo, nelle quali dominante  e ricorrente  era il tema della dignità dell’uomo, della sua moralità.

Tra gli altri, La chiave a stella,  dedicato ai problemi del mondo operaio e Se non ora, quando? (1982), che torna ancora sui i temi della guerra e della resistenza partigiana Europea.

Levi collaborò anche, come articolista e saggista, a numerosi quotidiani e riviste.

Morì a Torino, suicida, nel 1987.

A domani

Lié Larousse

 



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