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Creato il 14 settembre 2013 da Povna @povna

Oggi, a scuola della ‘povna, mentre tutti loro di buona volontà cercavano di occuparsi di varie emergenze (le mancate supplenze, come gestire il nuovo divieto del fumo senza far saltare in aria la scuola e perdere la faccia, il fatto che non sia stata ancora nemmeno ordinata la LIM per la nuova classe telematica, un orario che, a causa del sotto-organico, è soprattutto delirante – la ‘povna, tanto per dire, invece che sei per uno, la prossima settimana farà otto ore con la nuova prima, quattro coi Merry Men e solo tre miserelle con gli Anatri, alla faccia del programma; la tazza del cesso, del Millenovecentonovanta, che va cambiata con urgenza, pena l’arrivo del centro antiterrorismo), Ingegnera Ottusa ha passato la giornata a lamentarsi in maniera preventiva in funzione del suo (liberamente scelto) giorno libero.
“No, perché io ho bisogno del venerdì, mi fa comodo. Però poi non vorrei che ci mettessero i consigli di classe sempre in quello stesso pomeriggio, lo voglio subito dire a DaddyLongLegs, che questa cosa è seria”.
“Beh” – ha commentato la ‘povna, chiamata in causa suo malgrado su quella che le sembra, nel migliore dei casi, una scemenza – “non so che dirti. Sai, il giorno libero è prassi, non diritto: dunque io non sono abituata, in primo luogo per senso dell’umorismo, a fare considerazioni del genere”.
“Eh, no, ma sai, per te è diverso, non hai mica una famiglia: io ho una casa, un marito, una figlia. Devo anche pensare a come organizzare la bambina”.
La ‘povna si è astenuta dal farle notare che quello che aveva detto era di una maleducazione cosmica, e che la “bambina” ha sedici anni.
“Io invece nel giorno libero devo badare a un altro lavoro e un altro mondo. Però mi chiedo come faccia non dico l’operaio in fonderia, che sarebbe retorica; e nemmeno il grande dirigente. Ma, per dire, il piccolo quadro dell’azienda media”.
Ottusa blatera qualcosa, borbotta, si confonde. Perché sa che la risposta della ‘povna è inattaccabile e non può certo permettersi di denunciare il “turpe patto” (Don Milani docet) a chiare lettere: le Prof.&Madri sono almeno al 50% casalinghe, che hanno barattato uno stipendio dignitoso con un tempo pieno che in realtà è già mezzo, e solo per quel mezzo sono disposte a stare a scuola.
La discussione si protrarrà (mentre la ‘povna è fortunatamente altrove, a far lezione, con gli alunni) con altri colleghi, tutto il giorno. La ‘povna la ritrova intatta all’uscita, bella bella.
E, mentre si avvia alla stazione a larghi passi, riflette. Riflette sul fatto che, nella loro scuola, il numero di consigli è pari a cinque (compreso lo scrutinio di giugno, che avviene già, tecnicamente, dopo l’anno scolastico, quando le giornate sono diventate, per chi ragiona in questo modo triste, tutte “libere”); sono invece solitamente ben quattro (settembre, settembre, novembre o febbraio, maggio) i Collegi dei docenti. Certo, di fronte a numeri così evidentemente ingestibili, è giusto mettere le mani avanti.
Si può anche sempre aggiungere, peraltro, che Ottusa è stata responsabile di quella bella manovra che negò alla ‘povna la doppia possibilità di andare a visitare l’Amico Scrittore morente, mettendole una riunione nel suo giorno libero, e poi non presentandosi. Ma, del resto, la collega lo ha anche detto: la ‘povna non tiene famiglia, perciò non si capisce bene di che cosa mai possa aver bisogno.
Vale la pena di ricordare, per amor di cronaca, che nessuno dei presenti, amabilmente preso a dare ragione a Ottusa nel nome di “equità” e “giustizia”, ha ritenuto opportuno rievocare l’episodio.


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