Ore 21.00. Un grosso rossetto rosa ed un telone con impressa una cartina dell’Australia ci accolgono all’interno del Teatro Verdi di Firenze. I posti sono quasi tutti occupati ed il sipario si sta per alzare. L’attesa per ciò che sta per iniziare è alta e non potrebbe essere altrimenti visto che viene messo in scena un cult come Priscilla – La regina del deserto. Tratto dall’omonimo film del 1994 diretto da Stephan Elliott e vincitore di un premio Oscar per i migliori costumi nel 1995, questo musical (non ve lo avevamo ancora detto ma di questo si tratta), oltre a restituire in toto lo spirito della pellicola, non tradisce i presenti proponendo canzoni tradotte in italiano o altre amenità che spesso rovinano le versioni nostrane di spettacoli del genere. La storia, per chi non la conosce, è quella di un viaggio attraverso l’Australia per ritrovare se stessi. Una drag queen, Tick, decide di lasciare Sydney e di dirigersi verso Alice Springs, dove si esibirà al casinò della moglie e dove conoscerà il figlio avuto dalla loro relazione. Insieme a lui ci saranno, lungo questo divertente ed intenso tragitto, Felicia, giovane e frivola drag queen, e Bernadette, transessuale che tenta di riprendersi dalla morte del marito. Ad accompagnarli, per tutto il percorso, Priscilla, il mitico autobus rosa fatto di lustrini e led. Dunque, il viaggio come metafora: la ricerca di un’identità più autentica, di un nuovo equilibrio, di un rispetto che ciascuno di loro ha perduto per ragioni diverse.
Tick, che nel film era l’attore Hugo Weaving, è qui interpretato da Antonello Angiolillo che passa velocemente e con enorme bravura dai panni femminili a quelli, nel finale, di un profondo e tenero papà; Bernadette (Terence Stamp nella pellicola) ha invece il volto di Marco D’Alberti, eccezionale nel rendere il suo personaggio assolutamente vero e credibile; infine Felicia (al cinema era Guy Pearce) con un esuberante, bravissimo e giovanissimo Riccardo Sinisi che supera l’esame a pieni voti. E proprio a quest’ultimo è affidato anche l’unico momento drammatico dello show, quello del pestaggio, risolto in maniera egregia, con la tecnica del ralenti, che restituisce la situazione reale di violenza, senza rompere il ritmo leggero proprio del musical. Simpaticissime anche le tre Divas (Elena Nieri, Loredana Fadda e Martina Pezzoli), che con superbe voci soul e blues catturano l’attenzione rendendo piacevoli gli intermezzi durante i cambi di scena.
Diretto da Simon Phillips il musical, calate le luci, si apre con una mirrorball da discoteca che diffonde i suoi raggi di luce su una platea che a ritmo di musica si scatena con il primo di una serie infinita di battimani. Le scene lasciano senza parole a partire dall’autobus, poi non possono non colpire gli abiti, sicuramente punto di forza dello show, che si distinguono per genialità e creatività. Del resto stiamo parlando di una produzione importante e ad altissimo budget e certi numeri lo dimostrano: 495 costumi, 200 cappelli, 60 parrucche, 150 paia di scarpe. Ad ogni replica avvengono circa 261 cambi-costume e per la frequenza e la rapidità con cui gli attori cambiano trucco è stato realizzato un sistema di 130 mascherine make-up create su misura sui volti dei componenti del cast. Abbiamo già detto della scelta intelligente fatta dalla produzione in merito alle canzoni i cui testi restano in lingua inglese. Rispetto al film troviamo, accanto a molti brani della colonna sonora, diverse new entry tra le quali spiccano grandi successi di Madonna (Like a Virgin e Material Girl) e Cyndi Lauper (True Colors).
Allegro e divertente, questo spettacolo, unico nell’attuale panorama italiano, si presenta scorrevole, senza sbavature, asciutto e ricco di battute fulminanti (alcune anche molto amare). I tanti momenti divertenti si alternano a momenti dove viene lasciato spazio alla riflessione su temi importanti come la tolleranza e la diversità, alla malinconia e alla tenerezza. Molto si ride e molto si canta durante la rappresentazione e del resto come non farsi trascinare da canzoni come I Will Survive, Go West oppure Holiday? I pezzi sono tutti eseguiti con l’aiuto di una band dal vivo e contribuiscono a regalare ai presenti quel senso di allegrezza che, unito alla consapevolezza di aver goduto di una storia semplice ma vera, ti fanno uscire dal teatro con un bel sorriso impresso sul viso. In conclusione, possiamo dire che Priscilla è uno spettacolo che, pur affrontando temi ancora oggi difficili, offre più di uno spunto di riflessione e si dimostra adatto a tutta la famiglia. Insomma, da non perdere!