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La trama (con parole mie): i Dover e i Birch sono due classiche famiglie americane da sobborgo cittadino, valori solidi e cena del Ringraziamento con i vicini. Quando le due figlie più piccole di entrambi i focolari, impegnate a giocare insieme, spariscono misteriosamente, la polizia si mette sulle tracce di un camper segnalato proprio dai genitori delle bambine: il detective Loki, incaricato delle indagini, arresta così il giovane Alex Jones, mentalmente ritardato, trovato alla guida dello stesso mezzo.Quando, non avendo trovato prove a suo carico, i tutori dell'ordine decidono di rilasciarlo, Keller Dover decide di indagare parallelamente alla polizia per ritrovare la figlia, coinvolgendo anche Franklin Birch nel rapimento di Jones: l'uomo, infatti, pensa che torturando il sospettato potrà avere le informazioni necessarie per ritrovare le due bimbe scomparse.Nel frattempo il detective Loki, lottando anche con i suoi superiori, deciderà di non mollare il caso, cercando di mettere insieme i pezzi di un puzzle che si rivelerà decisamente più agghiacciante di quanto non si potesse pensare.
Si potrebbero scrivere davvero molte cose, di Prisoners, partendo proprio dal suo regista: Denis Villeneuve, infatti, potrà d'ora in poi vantarsi di essere entrato a far parte di quella ristrettissima cerchia di Autori che, una volta messi alla prova dallo spesso impietoso banco della grande produzione, non si ritrovano completamente fagocitati - o ridimensionati - dalla stessa.Penso a Von Donnersmarck, Inarritu, Wong Kar Wai, Park Chan Wook.
Grossi calibri schiacciati dalle majors e costretti a fare marcia indietro, mettendo una seria ipoteca sulle certezze dei fan ipnotizzati dal loro (apparente) talento.
Molti non si sono decisamente più ripresi - i registi, non gli spettatori -.Villeneuve, al contrario, dopo due cose enormi come Polytechnique e La donna che canta, è riuscito non soltanto a domare la bestia, ma a cavalcarla con la sicurezza del veterano, sfoderando un cosiddetto "modern classic" profondamente americano eppure dal sapore europeo che, da canadese, dev'essere parte del suo retaggio, quasi un ponte che porta l'audience da Zodiac a Mystic river, senza dimenticarsi di una sosta a Memories of murder, evitando le trappole del caso, su tutte quella di un inutile finale consolatorio.Si potrebbe poi parlare di una sceneggiatura pressochè perfetta, ad orologeria, firmata dall'autore di Contraband Aaron Guzikowski, forse la migliore degli ultimi anni di Cinema a stelle e strisce insieme a quelle di The social network e Moneyball.Oppure, sottolineare l'ottimo lavoro di tutto il cast, da un discreto Hugh Jackman ai bravissimi Jake Gyllenhaal - straordinario il lavoro sulla mimica degli occhi - e Paul Dano, o del comparto tecnico.O rimanere sconvolti da due ore e mezza piene che scorrono ad un ritmo a tratti insostenibile, pur non trattandosi, di fatto, di un thriller "di movimento", quanto fondamentalmente giocato sull'attesa.Eppure, quello che attraversa la schiena dell'audience di Prisoners dall'inizio alla fine, è una sensazione di sconvolgente ineluttabilità, il moto di rabbia incendiato dal trovarsi catapultati all'interno di un ingranaggio del quale non si conoscerà mai il completo utilizzo, il tumulto che separa la Legge dalla Morale, l'umanità dal dolore.I personaggi di questo nerissimo thriller corale sono tutti vittime, pur se a livelli ed in modi assolutamente diversi, nessuno escluso: dall'innocenza strappata alla Natura della prima sequenza a quella delle bambine rapite dalle proprie famiglie a causa di un dramma troppo grande per qualunque genitore, dalla cena del Ringraziamento passata soli, in un ristorante cinese, a quella delle notti insonni placate soltanto dalle lacrime e dai tranquillanti.
O dall'alcool.Da quella delle vittime, a quella dei lupi e dei vampiri. E si torna al Mystic.Da quella dei persecutori, a quella degli agnelli difesi soltanto da un fischietto che possa rompere il silenzio. Come quello degli innocenti.Prisoners racconta la storia di un'umanità tenuta in gabbia dal dolore e dall'impietosa regola che nella giungla è Legge: il più forte mangia il più debole, e non esistono religioni - molto coraggiosa la parte dedicata al prete inserito nelle liste degli schedati per crimini sessuali -, focolari domestici o sogni che possano salvarci nel momento in cui il predatore mostra i denti in attesa di tenere fede al suo istinto. E non esiste predatore più terribile ed ansioso di seguirlo dell'Uomo.Prisoners è un film di genitori e figli, di sacrifici e peccati, di amore e di morte.Guardarlo potrebbe fare male, soprattutto quando ci si ritrova a pensare che si potrà sempre proteggere chi si è messo al mondo: "ed è il mondo stesso ad essere malvagio, ma io ci sto provando, Ringo. Ci sto provando, con grande fatica, a diventare il pastore".Per essere pastori occorre essere un pò lupi.E a volte si finisce troppo tardi per capire di non esserlo abbastanza.E non si sa se ringraziare che sia così, e di essere passati dalla parte di quegli innocenti che tentano disperatamente di rompere un silenzio al suono di un fischietto.
MrFord
"Minor drug offenders fill your prisons
you don't even flinch
all our taxes paying for your wars
against the new non-rich,
minor drug offenders fill your prisons
you don't even flinch
all our taxes paying for your wars
against the new non-rich."System of a down - "Prison song" -
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