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“I bambini rapiti da più di una settimana hanno la metà delle probabilità di essere ritrovati e dopo un mese, quasi nessuno di loro viene ritrovato vivo. Perciò perdonami se faccio quello che posso" Un freddo e nuvoloso Giorno del Ringraziamento in un modesto sobborgo della Pennsylvania due bambini scompaiono nel nulla. Forse quindi le prigioniere del titolo sono loro? O il prigioniero è forse il ragazzo del camper, principale sospettato, che uno dei padri sequestra e tortura fino a che non avrà le risposte che cerca?O forse il prigioniero è proprio il buon padre di famiglia, prigioniero dei suoi istinti e della sua disperazione. I prigionieri siamo tutti, ci suggerisce Denis Villeneuve. Siamo prigionieri del nostro lato oscuro, delle nostre paure e di noi stessi. Nell'ultima inquadratura, un primo piano attonito di Jake Gyllenhaal entra in relazione con un suono proveniente dal fuoricampo, da un anfratto che solo lo spettatore conosce. Un suono articolato per mezzo di uno strumento più volte evocato in precedenza. Può essere la salvezza che lo spettatore, per il gioco identificativo operato, auspica ardentemente. Il detective sente il suono, ma ne percepisce la reale natura? Impeccabile la chiosa. Chapeau.
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