Facebook fa campagna acquisti, al di qua e al di là dell’Atlantico, per rafforzare la sua squadra di lobbisti. Soprattutto in Europa, il gigante dei social network, arrivato ormai ad avere circa 750 milioni di utenti in tutto il mondo, è sotto osservazione per il modo in cui utilizza l’enorme mole di dati archiviati.
Cosi ha deciso di correre ai ripari, assumendo l’ex europarlamentare tedesca, Erika Mann, come spokeperson, portavoce per ciò che riguarda il rapporto con le istituzioni europee.
Secondo Le Nouvel Observateur, che oggi ha rilanciato la notizia, la Mann dovrebbe essere impegnata in una intensa azione di lobbying, in vista della revisione della direttiva del 1995 sulla tutela dei dati personali, attualmente in vigore.
Uno dei motivi per i quali gli organismi comunitari stanno rivedendo la direttiva va da ricercare proprio nell’affermazione negli ultimi anni dei colossi statunitensi del web 2.0. Gli operatori delle tlc europei hanno più volte sottolineato la disparità tra leggi Usa e leggi europee in materia.
La direttiva comunitaria impone un quadro di riferimento molto più rigido rispetto l’equivalente legislazione d’oltreoceano, e in questo modo penalizzerebbe le aziende europee. Facebook e Google non sono invece tenute a rispettarla e possono dunque tranquillamente trasferire i dati degli utenti europei negli Stati Uniti, dove conservarli per periodi eccessivamente lunghi (si teme, anche oltre 24 mesi), incrociarli e di fatto andando a definire in maniera molto dettagliata la nostra “data-immagine“.
La scelta della Mann, anche in virtù dell suo particolare curriculum politico, potrebbe essere interpretata con la volontà dell’azienda di Mark Zuckerberg di piazzare una “quinta colonna” a Bruxelles e fare pressione per ottenere una riformulazione più light dell’attuale normativa europea.
La Mann si è distinta in quanto europarlamentare socialista, eletta tra il 1994 e il 2009 come rappresentante della Bassa Sassonia, per aver assunto posizioni eterodosse rispetto alla linea dei suoi colleghi dell’Spd, ad esempio votando a favore del nuovo controverso trattato globale anticontraffazione, l’Acta, (che, tra l’altro, dovrebbe essere ufficialmente sottoscritto sabato a Tokyo).
La Mann ha un curriculum di tutto rispetto, visto che oltre ad aver lavorato per l’ICANN, ha anche rappresentato la CCIA, organizzazione che difende gli interessi delle industrie informatiche e della comunicazione.
Anche a Washington, Facebook è attivissima. Ha pescato, letteralmente, a destra e a manca per aver agganci al Congresso così come alla Casa Bianca. A ottobre prenderà il suo posto come direttore delle public policy, Louisa Terrel. La Terrel ritorna al mondo dell’Itc – ha già ricoperto una posizione analoga per Yahoo – dopo essere stata assistente del presidente, Barack Obama, per gli affari legislativi. L’arrivo della Terrel segue quello di Erskine Bowles, ex capo dello staff sotto Bill Clinton. Sempre dall’amministrazione Clinton a giugno è arrivato Joe Lockhart, ma anche come un ex-assistente di Bush junior, Joel Kaplan.
Una investimento in risorse umane, per posizioni di responsabilità strategica, che arriva mentre nel mondo si discute delle nuove applicazioni, del riconoscimento facciale, e di utenti perennemente tracciati nella loro navigazione. Sospetti che stridono con le parole del portavoce dell’azienda, Andrew Noyes, secondo il quale i nuovi arrivati vanno a potenziare un team che deve dimostrare come Facebook sia “azienda leader nel settore della privacy e della sicurezza”.