Sono ormai settimane che in Tv e sui giornali sentiamo e leggiamo del datagate e di questo giovanotto Edward Snowden ex analista CIA che il 5 giugno scorso ha rivelato, in un’intervista al Guardian, l’ordine segreto che dimostra che il governo degli Stati Uniti ha imposto a Verizon ( Azienda di telecomunicazioni Americana) di trasferire alla National Security Agency (Nsa) i dati relativi a milioni di telefonate scatenando le ire dell’amministrazione Obama e tensioni diplomatiche tra gli USA, la Russia e la Cina.
Il 6 giugno arriva la storia di PRISM: il programma che permette alla NSA di accedere direttamente a email, foto, trasferimento di file, video, comunicazioni ad altri utenti sui social, in possesso di Google, Facebook, Apple, Microsoft, Skype, PalTalk (un servizio di video-chat popolare fra i musulmani). Le aziende citate negano di aver mai concesso tale accesso diretto. Secondo il Guardian, anche l’equivalente britannico della Nsa – il GCHQ (Government Communications Headquarters) aveva accesso a questi dati.
Infine l’otto giungo Snowden rivela l’esistenza di Boundless Informant, un tool della Nsa che facilita l’analisi dei dati raccolti in particolare legandoli alla loro provenienza.
La notizia ha prodotto nell’opinione pubblica due opposte discussioni, secondo le visioni che ci raccontava diversi anni fa Umberto Eco tra gli apocalittici e, gli integrati, i primi ritengono, finalmente, di avere la prova che la fine del mondo è vicina, queste rivelazioni, infatti, causeranno un conflitto tra Usa, Russia e Cina, gli integrati, invece pensano che nonostante tutto, questo, rimane il migliore dei mondi possibili e quindi anche se l’amministrazione Obama ci controlla ci sarà un valido motivo.
Le rivelazioni in sé non sono sorprendenti, non occorre essere degli ingegneri informatici o dei cultori di narrativa distopica per sapere senza che lo raccontasse Snowden che oggi il potere che deriva dai sistemi informatici e di comunicazione permette una notevole raccolta di dati ma tuttavia sarebbe auspicabile che il clamore scoppiato in questi giorni, per la verità soprattutto negli Stati Uniti, possa portare a una maggiore informazione collettiva e consapevolezza della fragilità della nostra privacy.
“I media puntano a conoscere gli individui (mediante sondaggi, studi comportamentali, operazioni di feed back scientificamente programmate senza che l’utente-lettore-spettatore ne sappia nulla) più di quanto essi stessi si conoscano, e questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un gran potere sul pubblico, maggiore di quello che lo stesso cittadino esercita su se stesso.” Noam Chomsky padre della creatività del linguaggio, definito dal New York Times “il più grande intellettuale vivente”.