pro e contro la Cannabis, dibattito sull’appello di Umberto Veronesi, luglio/agosto 2014

Creato il 27 agosto 2014 da Paolo Ferrario @PFerrario

Contro l’appello di Veronesi hanno preso carta e penna anche due scienziate: Elisabetta Bertol, ordinario di Tossicologia Forense all’Università di Firenze, e Donata Favretto, professore associato nella stessa disciplina all’ateneo di Padova, rispettivamente presidente e membro dell’Associazione scientifica Gruppo tossicologi forensi italiani. «Vogliamo liberalizzare totalmente la cannabis e le altre droghe? Decidiamo in tal modo di rischiare la vita o far salire i nostri figli su un treno, un pullman o una nave (ogni riferimento è voluto) condotti da personale che liberamente può essersi fatto una canna o un tiro di cocaina», scrivono le due docenti: «Ci vuole pensare il professor Veronesi alla ricaduta di questa totale “liberalizzazione” sulla sicurezza stradale? Gli effetti “piacevoli” di una “fumatina” di marijuana durano fino a due ore circa, ma gli effetti avversi, comportamentali e fisiologici, permangono fino a tre-cinque ore dopo l’uso».

Cannabis, l’appello di Umberto Veronesi accende il dibattito.

gli argomenti di Umberto Veronesi:

Io mi batto pubblicamente da decenni contro il proibizionismo e in questo mio impegno ho ripetuto all’infinito che, come medico e come padre, sono un convinto oppositore di tutte le droghe, pesanti e leggere, compreso fumo e alcol, perché creano assuefazione clinica e danni spesso irreparabili e talvolta letali. Sono però altrettanto convinto che proibire e punire non serve, anzi può peggiorare la situazione.
Dobbiamo passare da una’attività indiretta (vietare) a un’attività diretta (educare). Ovviamente è molto più difficile convincere un ragazzo a tenersi lontano dalle droghe che fare una legge che le vieta tout court. Tutti sappiamo per esperienza diretta che la ribellione è una fase imprescindibile della crescita individuale e dovremmo essere coscienti che il trasgredire un divieto aumenta il senso di identità di una personalità in formazione: io mi differenzio dal mondo adulto perché non seguo le regole che mi impone.

Dunque bisogna trovare attività e stimoli alternativi, che soddisfino il bisogno di autoaffermazione dei giovanissimi, senza ledere la salute e mettere in pericolo la vita. Dovremmo organizzare dei corsi completi di prevenzione nelle scuole pubbliche, che invece non si possono fare finché c’è la proibizione che, secondo lo Stato, è già un deterrente.


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