C’è la convinzione che la crisi dell’euro abbia superato la fase più acuta e che il rischio di contagio sia sotto controllo; e da qui l’apparente sicurezza che l’enorme liquidità creata e messa a disposizione delle banche della eurozona dalla Banca Centrale Europea possa scongiurare il collasso del mercato interbancario, mettendo molti istituti di credito nelle condizioni di risistemare i loro bilanci.
L’avvenimento chiave del summit del 2 marzo (2012) a Bruxelles è stato la firma del patto di bilancio (il cosiddetto) “fiscal compact”da parte dei 25 paesi europei. E’ un accordo voluto fortemente dalla Germania e dalla sua cancelliera Angela Merkel che lo ha salutato come “una pietra miliare nella storia dell’unione europea”. Riguarda in particolare, un impegno ad avere bilanci sempre in equilibrio, con correzioni automatiche quando non raggiunge gli obbiettivi di bilancio: le nuove regole devono essere inserite nella legislazione nazionale, in norme di tipo costituzionale. La Corte Europea di giustizia verificherà che i paesi che hanno adottato il trattato lo abbiano trasposto nelle leggi nazionali. In caso contrario, uno Stato può essere deferito alla Corte dagli altri e incorrere in una sanzione pari allo 0,1% del Pil.
Gli effetti del Fiscal Compact riguarderanno Il futuro, e non hanno nulla a che vedere sul deciso miglioramento circa la netta riduzione registrata del differenziale di rendimento, il famoso spread, tra Bpd italiani e Bund tedeschi (310).
Pervade un clima di diffuso ottimismo tra i partner dell’ultima riunione, quando una lettura più attenta dovrebbe, su quanto è successo negli ultimi tempi, far maturare a più miti consigli. Oltre le crisi del Portogallo, Spagna, Italia, e da ultimo il default della Grecia che ha fatto maturare importanti progressi registrati nell’enorme iniezione di liquidità conosciuta come “Ltro” (Long Term Refinancig Operation”, pari a oltre un trilione di euro operata dalla Banca centrale europea a favore delle banche e dei mercati finanziari europei.
Le banche italiane e spagnole, hanno usato il grande incremento di liquidità immesso dalla fine dell’ultimo anno per effettuare operazioni di riacquisto dei propri debiti e dei titoli sovrani (da qui la discesa dello spread) sfruttando i bassissimi costi dei finanziamenti messi a disposizione dalla Bce, senza intervenire sulle liquidità delle imprese e delle famiglie per sostenere e rilanciare l’economia reale.
Il risultato prevedibile sarà un peggioramento della zona euro in vista di una profonda fase recessiva nel Portogallo, in Irlanda, Spagna, e nel nostro paese, oltre alla conosciuta fase depressiva della Grecia da più anni.
Ma è l’intera area euro che appare destinata a conoscere una nuova fase recessiva a causa soprattutto delle ottuse politiche perseguite in questi ultimi anni. Nello scenario complessivo si prospettano deficit pubblici e l’eccesso di debiti sono destinati a peggiorare a dispetto delle misure già messe in atto. E a quel punto i mercati finanziari cominceranno di nuovo a interessarsi pesantemente in tutt’altra direzione rispetto ai titoli sovrani di oggi.
Se è dunque vero che l’enorme liquidità creata dalla Bce di Draghi abbia riportato una certa calma non è detto che abbia risolto le cause strutturali della crisi.
E’ da ieri (6 marzo) che la crisi Greca spinge in forte ribasso i listini delle borse europee e in controtendenza, causo unico in Europa, ad un suo rialzo pari al 2,77%. Questo rialzo viene circondato dagli allarmismi che circondano gli esiti della proposta di scambio sui titoli di Stato greci che punta ad alleggerire di oltre 100 miliardi di euro l’indebitamento del paese, tramite rinunce volontarie sui pagamenti da parte dei creditori privati; e un aspetto chiave di questo scambio è sulla quota delle sue adesioni. Se dovesse superare il 90% tutto filerebbe liscio. Se dovesse risultare inferiore (ed è quello che si ipotizza), Atene potrà sfruttare delle nuove clausole di ristrutturazione forzosa del debito, che costringono tutti i detentori dei bond a subire il taglio sui pagamenti. Ma con ogni probabilità questo farebbe innescare i risarcimenti delle assicurazioni contro le insolvenze sottoscritte sui bond greci. Un vero default controllato come si aspettano le agenzie di rating.
GIANNI DUCHINI