Procedure di mobilità anche per i dirigenti?

Creato il 06 novembre 2012 da Pps @ppsposato

La Commissione Europea ha richiamato l'Italia al rispetto delle procedure previste per i licenziamenti collettivi, includendo anche i dirigenti nelle procedure di mobilità. I datori di lavoro, secondo la direttiva emanata da Bruxelles 98/59/CE, sono tenuti ad effettuare consultazioni con i sindacati, per tentare il raggiungimento di un accordo sulle modalità di licenziamento  e sulle eventuali forme di compensazione.
La legislazione italiana, di fatto, esclude i dirigenti dall'ambito di applicazione della procedura di mobilità, non applicando a questa categoria di lavoratori la protezione garantita da tale procedura, in contrasto con quanto adottato dagli altri stati membri.
L'Italia ha ritenuto di applicare la direttiva europea sui licenziamenti collettivi con l'adozione delle legge 223/1991, ma le autorità Italiane e la magistratura del lavoro hanno escluso i dirigenti dal calcolo del numero dei licenziamenti, che il datore di lavoro intenderebbe adottare e dalle conseguenti garanzie previste per gli altri dipendenti, che non si limitano solo alle procedure di mobilità, ma anche a processi di riqualificazione riconversione.
 
La Commissione Europea si è mossa in seguito ad una petizione presentata al Parlamento Europeo, basata su due considerazioni:
  1. la definizione di "lavoratori" non può essere lasciata alla discrezione degli Stati membri, ma deve essere uniforme in tutta l’Unione europea e conforme agli obiettivi della direttiva, al principio della parità di trattamento e alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
  2. la categoria dei dirigenti comprende non solo gli alti dirigenti che esercitano un ampio potere discrezionale e decisionale nell'impresa, ma anche i quadri di livello medio e inferiore, che non svolgono un ruolo di "alter ego" del datore di lavoro
L'Italia ha quindi a disposizione due mesi per informare la Commissione Europea circa le misure attuate per adeguare la propria legislazione alla legislazione dell'Unione. Se ciò non avverrà, la Commissione potrà decidere di deferire l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea.

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