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Processo a Enrico Brizzi

Creato il 01 luglio 2011 da Olineg

Processo a Enrico BrizziScrivere diventa reato e gli scrittori finiscono alla sbarra per il solo fatto di scrivere. Questa la premessa dell’intervista a Enrico Brizzi, autore - parafrasando il suo quarto titolo -   dallo stile impeccabile, 36 anni al momento dell’intervista, accento bolognese e una grande passione, oltre che per la letteratura, per il rock e per i viaggi a piedi. Il suo ultimo libro s’intitola “Gli picoaltleti”, pubblicato da Dalai editore mentre era ancora caldo il corpo de “La vita quotidiana in Italia ai tempi di Sivio”, edito da Laterza.

1. Scelga tra gli scrittori e le scrittrici, anche del passato, il suo avvocato. – Rabelais. Mi sentirei tutelato.

2. “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” è stato uno dei romanzi d’esordio più eclatanti della recente letteratura italiana. Il cinema e certi libri a volte raccontano di autori che finiscono per odiare i loro lavori più popolari, più ingombranti, rimangono schiavi dello spettro di quel successo e delle aspettative che da esso sono scaturite. Per lei è stato così? - Riesco a guardare al mio ingombrante esordio, signori della corte, con una certa serenità. In fondo è cominciata da lì, la mia irresistibile carriera criminale. D’altronde, benchè appena ventenne, va detto che seppi rifuggire alle moine più eclatanti dello show-biz paraletterario: non accettai di scrivere, nonostante le reiterate proposte, “Jack Frusciante II: lei torna dall’America”, né controfirmai la proposta di contratto che voleva trasformare il mio romanzo in una linea di cartoleria. Volevano fabbricare astucci e quaderni di Aidi & il vecchio Alex, ma io ascoltavo i Black Flag, i Beastie Boys e i Clash, non la cacca commerciale, e mi sentii obbligato a dire di no. Nel pronunziare la sentenza si valutino, vi prego, anche questi elementi.

3. “Bastogne” non era certo un romanzo per educande. E’ stato mai inibito, nello scrivere, dall’idea di poter scandalizzare qualche lettore/lettrice che conosceva personalmente, tipo una vecchia zia o la sua professoressa di italiano delle medie? - A giudicare dal risultato, pare di no.

4. Ha molti sensi di colpa? – E di che? A trentasei anni ho tre figlie; ho viaggiato in mezzo mondo (escluse le Americhe, ché Colombo vi approdò a quaranta, e chi sono io per precederlo?); ho camminato dall’Alto Adige alla Sicilia. Ascolto buona musica. Ho tatuaggi interessanti a ricordare le tappe della mia vita sulla terra. Oggi pomeriggio vado a suonare in acustico per Popolare network. E ho pubblicato dieci romanzi. Fra parentesi l’ultimo, “Gli Psicoatleti”, parla proprio di come riconoscere ed evitare le ombre della colpa: si tratta, semplicemente, di seguire le tracce dell’Uomo verde, e interrogare le orme di chi ci ha preceduto.

5. Lei ama camminare, ama il contatto con la natura, passioni che ha anche riversato su carta. Come vive il fatto che per stampare dei libri bisogna abbattere degli alberi? – Le personcine perbene, sensibili al messaggio di Greenpeace, usano ormai carta FSC a basso impatto ambientale. In realtà vivo con più rabbia il fatto che le convention editoriali, i festival e i saloni, producano un grande spreco di risorse. Mi piacerebbe si tenessero, appunto, sotto un grande albero o nel cuore d’una foresta.

6. Quale vizio, se ne ha, non riesce a perdonarsi? - Dopo cena con gli amici, a volte, bevo amaro montenegro invece di una buona grappa.

7. Hanno arrestato tutti gli scrittori italiani; con chi vorrebbe dividere la cella? – Immagino non valga fare il nome di una scrittrice. Così rispondo agitandomi come un pazzo: «Mettetemi in isolamento!». Scherzi a parte, dividere la cella con uno scrittore sarebbe un incubo, a meno che non sia già un amico.

8. Lei conosce l’Italia molto bene, l’ha anche attraversata a piedi, ma se potesse, anzi, dovesse, scegliere un altro Paese in cui vivere, se dovesse scegliere lo Stato in cui andare in esilio, per quale meta farebbe il biglietto? – Un altro Paese che conosco bene e ho traversato a piedi. Tipo la Francia, l’Inghilterra, o la Svizzera. Le classiche mete degli esiliati ottocenteschi, insomma.

9. Un classico; è davanti al plotone di esecuzione, qual è il suo ultimo desiderio? Una sigaretta come nei film, una telefonata come in un vecchio spot, o cos’altro? – “Ehi, ragazzi, so che state facendo il vostro lavoro, ma prima vorrei scrivere le mie memorie! Giuro che mi sbrigo! Portatemi ordunque un quaderno, tre bic nere, una caraffa di mojito e un posacenere!”

10. Quali sono le sue parole da uomo libero? - Tranquille, ragazze. Ricordatevi che ho visto tre volte “Papillon”.



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