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Processo Camorra: parla Antonio Iovine

Creato il 09 giugno 2014 da Nicola933

“Ho iniziato la collaborazione per avere un futuro migliore, per dare una svolta alla mia vita”, parola di ‘O Ninno. Inizia così la confessione di Antonio Iovine in teleconferenza da una località segreta davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta).Dal 13 maggio ripercorre il sistema Gomorra che trascina camorristi, politici ed imprenditori nella stessa melma.

Che Iovine sarebbe diventato un pezzo grosso dei Casalesi era chiaro fin da subito. Venne iniziato nel 1985, lo stesso giorno dell’omicidio di Nuvoletta. I suoi padrini, i potentissimi Antonio Bardellino Vincenzo De Falco, lo affiliarono con il rito della pungitura. “Mi punsero un dito e fecero cadere alcune gocce di sangue su un santino - racconta il boss – pronunciai un giuramento le cui parole esatte non ricordo, ma nel quale mi impegnavo a non tradire il clan”.

Tanti gli omicidi commessi, troppi da ricordare. Si sofferma solo sul suo primo morto: Ciro Nuvoletta. L’omicidio faceva parte della faida tra i corleonesi, alleati dei Nuvoletta, e i casalesi. I siciliani volevano che Bardellino uccidesse anche Tommaso Buscetta, il boss campano, però, si rifiutò e venne ucciso in Brasile.

Il sistema. Ogni mese il clan incassava 350/400 mila euro di cui 100 mila spettavano al boss e agli scagnozzi che gli permettevano la latitanza. Era suo compito anche provvedere al sostentamento delle famiglie degli affiliati in carcere: un compenso maggiore andava ai detenuti col 41/bis. Il regime si è incrinato in seguito alla sentenza di appello Spartacus con la frammentazione del clan.

Camorra e imprenditoria. All’inizio contattavano gli imprenditori dopo gli appalti, poi la situazione si è capovolta: “furono loro a scegliere noi: ognuno cercava un riferimento con qualcuno di noi”, racconta Iovine.


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