Il criminologo Carmelo Lavorino, bravo e non presenzialista, fa considerazioni importanti sul processo di Perugia che vede imputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Si pone la domanda “Come andrà a finire?”. Qui trovate la sua risposta
PROCESSO MEREDITH: TRE ANNI DOPO
1 – GLI AUSPICI INIZIALI
Tre anni fa scrivevo su due quotidiani e sul sito www.detcrime.com le seguenti considerazioni, sperando che la ragione illuminata, l’analisi criminale scientifica e la logica investigativa fossero più forti dell’atavica e invisibile tendenza italica all’inquisizione medievale, alla caccia alle streghe, al “dalli all’untore, alla cultura della gogna seguita dal patibolo, alla logica del “parruccon sapiente”, alla voglia di protagonismo, alla radicata tendenza oscurantista di sopravvalutare gli elementi dell’accusa.
Ero certo che la SCIENZA e la RAGION PURA avrebbero risolto il caso!
Ecco cosa scrivevo tre anni or sono fidandomi della freddezza analitica e scientifica:
“A questo punto la situazione appare non districabile e quindi destinata a tradursi nell’ennesimo delitto irrisolto e/o la solita condanna del gruppo intero, senza che vi sia la prova schiacciante e scientificamente certa.
In verità ritengo che l’analisi criminale delle tracce, la freddezza investigativa e il «fiuto» potranno aiutare a risolvere il caso: per fare questo, però, gli inquirenti, i difensori degli interessi della vittima e i difensori dell’imputato realmente innocente, dovranno dimenticare gli interessi di parte e agire in modo freddo, obbiettivo, lucido, analitico e scientifico, con il solo scopo del raggiungimento della vera verità e non di quella per vincere il processo.
La verità è già scritta – ma invisibile e impalpabile – all’interno delle dichiarazioni di tutte le persone ascoltate durante le indagini ed all’interno delle relazioni tecniche investigative: bisogna solo saperla trovare, per poi leggerla e decriptarla. La verità è stata già scritta dal comportamento dell’assassino, il quale, prima del crimine, durante e dopo il crimine, entrando in contatto con i luoghi del crimine e la vittima, ha lasciato le proprie tracce e ha accolto su di sé le loro tracce: naturalmente le tracce bisogna saperle cercare, individuare, analizzare, documentare e interpretare. Nel giallo di Perugia non si deve pensare solo a prove evidenti quali «le impronte dell’assassino» o il «testimone oculare», oppure la classica «confessione», bensì si deve lavorare sulle impronte digitali e palmari, sulle impronte di orme di scarpe, sul disegno delle macchie di sangue, sulle tracce di cancellatura, sui vari tentativi di depistaggio, messinscena e alterazione della scena, sulle tracce biologiche: tutti questi elementi ci forniscono la linea cronologica del crimine, il profilo dell’assassino, il movente, il contesto dell’omicidio. La verità oggettiva, logica e scientifica che emergerà grazie all’investigazione criminale, all’analisi della scena del crimine e all’intelligenza investigativa andrà a formare una possente griglia che filtrerà le versioni, le contraddizioni e gli argomenti di Amanda, Raffaele e Rudy, così facendo impigliare chi mente.”
2 – I GIUSTI AUSPICI NON FURONO ESAUDITI, VEDIAMO PERCHÉ!
Si è verificato che gli inquirenti sin dall’inizio hanno mirato sulla terna “Rudy + Raffaele + Amanda” e da lì non hanno fatto un passo indietro, così indirizzando tutti gli elementi e le attività per dimostrare la colpevolezza dei suddetti.
Si è verificato che la parte offesa, invece di effettuare autonome attività analitiche, investigative e di ricerca, si è accodata alle indagini investigative e tecniche del Pm, senza così svolgere quel controllo di qualità, scientificità e di freddezza analitica che dovrebbe mettere in essere.
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Purtroppo, la Corte d’Assise di primo grado decise di non disporre quelle due perizie sugli unici elementi concreti che, secondo l’accusa, dimostravano senza ombra di dubbio che Raffaaele Sollecito fosse sulla scena del crimine in attività aggressiva contro Meredith e che Amanda avesse impugnato l’arma del delitto contro Meredith: (1) il gancetto del reggiseno della vittima che secondo la consulenza tecnica del Pm contiene il Dna di Sollecito, (2) il coltello sequestrato a casa di Sollecito che contiene il Dna commisto di Amanda e Meredith. Perché non disporre perizie con una valenza probatoria così forte, visto che la Corte ha in seguito ritenuto di condannare i due basandosi sulla certezza del loro significato accusatorio contro i due imputati?
Ed ancora, perché non disporre una perizia medico legale per accertare l’orario della morte della vittima, visto che la difesa degli imputati la fissava alle 21,30 e l’accusa alle 23,30?
In tutto questo vi è stato il bombardamento mediatico crocifissorio sulla “coppia diabolica Amanda – Raffaele”, sulle effusioni, i sorrisi, gli sguardi, l’abbigliamento, la pettinatura, il comportamento, gli atteggiamenti, gli hobbies e il modo di esprimersi (o della comunicazione non verbale). Crocifissione alla quale hanno partecipato trasmissioni televisive mattutine, pomeridiane e serali che, con i loro esperti bravissimi nell’assumere posizioni accusatorie per captatio benevolentiae e per un dosato e sapiente gioco delle parti, hanno gareggiato a fare maggiore confusione e a infondere/fortificare nell’opinione pubblica la certezza della colpevolezza dei due.
Purtroppo in Italia una sentenza di condanna in primo grado non si rifiuta a nessuno!
3 – VEDIAMO COSA RESTA DI CONCRETO CONTRO I DUE IMPUTATI.
Sulla scena solo impronte riferibili a Rudy Guede
Sulla scena del delitto vi sono tracce biologiche di vario tipo di Guede; vi sono le sue impronte stampate e disegnate dal sangue di Meredith, impronte che a mio avviso sono state prodotte da un’attività omicidiaria, di azione compulsiva post crimen e di tentativo di alterazione della scena.
Però sulla scena non vi sono tracce biologiche, papillari, merceologiche, fisiche, chimiche e comportamentali di Raffaele Sollecito; nemmeno vi è traccia di una eventuale pulitura della scena (l’assenza di tracce è di per sé una traccia speciale, significativa ed esclusiva) attuata da Amanda e Sollecito. Nemmeno vi è alcuna traccia riferibile al crimine che possa essere collegata ad Amanda.
L’orma di scarpa sporca di sangue non è di Sollecito, bensì di Guede.
Non vi sono tracce di altro assassino se non di Rudy Guede.
Le tracce telematiche e telefoniche fanno intendere che Guede ha fatto quel che ha fatto, ma non includono Sollecito e Amanda.
Le tracce mnestiche comportamentali quali le testimonianze, gli alibi dedotti, i comportamenti assodati, le cronologie e gli altri elementi possono essere vagamente indizianti non solo per Amanda e Sollecito, ma anche per altre persone: non chiudono il cerchio.
Da elementi di prova a elementi incerti
Gli elementi “Dna di Sollecito sul gancetto = prova del contatto omicidiario fra l’uomo e la vittima” e “Dna della vittima e di Amanda sul coltello rinvenuto in casa di Sollecito = prova che l’arma del delitto è stata portata insanguinata dal luogo del delitto alla casa di Sollecito dopo il contatto di aggressività letale” hanno perso le certezze che attribuivano loro i consulenti tecnici del Pm e la Corte d’Assise di primo grado.
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Il gancetto del reggiseno non ha il Dna di Sollecito, quindi manca la prova che Sollecito sia mai stato nella scena del delitto e, soprattutto, proprio durante l’azione esecutiva.
Il coltello sequestrato a casa di Sollecito non ha il Dna della vittima, quindi manca la prova che sia l’arma del delitto. Inoltre, le ferite inferte alla vittima fanno dedurre un’arma che ha dimensioni e struttura non compatibili con il coltello sequestrato in casa di Sollecito.
L’arma del delitto è stata portata via dall’assassino
La traccia di sangue sul lenzuolo che è stata interpretata come lo stampo della lama assassina, non ha le stesse caratteristiche morfologiche del coltello sequestrato a casa di Sollecito, quindi, non vi è la corrispondenza biunivoca che la scienza e la ragion pura investigativa pretendono.
L’arma è stata portata via dall’assassino, è venuta con l’assassino, fa parte del suo modus vivendi, non è di casa Sollecito.
Gli indicatori del crimine
Il movente dell’omicidio è palesemente del tipo perdita del controllo, tacitazione testimoniale e in seguito a violento scontro personale, maturato in circostanze collegabili alla presenza ed all’azione di Guede sulla scena del crimine.
L’azione all’interno della scena vede per sua stessa ammissione Rudy Guede, il quale poi è fuggito ed ha lasciato morire la povera Meredith: se fosse stato innocente l’avrebbe salvata: morte non impedita e fuga sono due elementi troppo forti contro di lui!
L’orario dell’aggressione e l’orario della morte sono incerti.
Il modus operandi dell’assassino prima, durante e dopo il crimine fa chiudere il cerchio attorno a Rudy Guede, ma è aperto sia su Sollecito che su Amanda.
4 – DOMANDA FINALE
Premesso che
(1) la prova scientifica, logica e critica contro i due imputati non c’è, (2) gli indizi sono incerti, non gravi, non univoci e né concordanti, non chiudono i due imputati in alcun vicolo senza uscita, (3) contro i due imputati vi sono congetture, ma nessuna certezza, tanto che l’impianto accusatorio non riesce ad escludere plausibilmente ogni alternativa spiegazione che invalidi l’ipotesi accusatoria stessa, (4) sulla scena vi sono impronte esecutive-omicidiarie riferibili soltanto a Rudy Guede, (5) l’arma del delitto è stata portata via dall’assassino e non è il coltello sequestrato in casa Sollecito, (6) l’impianto accusatorio contro i due imputati contiene moltissimi punti deboli,
i due imputati saranno assolti come la logica, la scienza e il diritto fanno prevedere,
oppure,
vi sarà una sentenza politica, calcolata, di pregiudizio, di casta, che “s’inventerà quel “SUPERQUID SPECIALE” non previsto dall’accusa e dalla difesa tale da fregare gli imputati” … un SUPERQUID che, purtroppo, ho visto in molti processi dove l’imputato doveva essere condannato per ragion di Stato, di casta, di equilibri speciali, di pregiudizio e di … abitudine procedurale?
NE RIPARLEREMO DOPO LA SENTENZA E DOPO LE MOTIVAZIONI DELLA STESSA.