Processo Uva anche la pubblica accusa chiede l'assoluzione degli imputati, il Coisp, sempre presente in aula: "Siamo alla farsa. Per l'ennesima volta la Procura conclude per l'innocenza dei colleghi. Quante altre volte dovrà farlo prima che si smetta con questa tortura?"
"Per l'ennesima volta la Procura della Repubblica ha concluso per l'assoluta innocenza dei colleghi rimasti loro malgrado coinvolti nel processo seguito alla morte di Giuseppe Uva. Per la quarta volta l'Ufficio competente, anche per bocca del suo Vertice, ha detto a chiare note che l'operato dei colleghi fu corretto. Sembra di assistere a una specie di farsa. Ci chiediamo quante volte, esattamente, debba essere chiesta l'assoluzione di un Poliziotto in Italia perché finalmente qualcuno si decida a capire che le accuse non reggono?
Quanto ancora dovrà durare questa tortura atroce per dei fedeli Servitori dello Stato crocifissi dal solito feroce atteggiamento colpevolista ad ogni costo verso i Tutori della legge e dal consueto baraccone mediatico che ogni volta insegue ed urla al linciaggio dei colleghi? Allora è proprio vero, come abbiamo più volte azzardato a sospettare: la pronuncia di un magistrato si rispetta solo quando questi dice ciò che si vuole sentir dire? E' ora di dire basta e di restituire un po' di serenità a Tutori dell'Ordine messi in croce solo per aver fatto il proprio dovere, come purtroppo accade troppo, ma troppo di frequente".
Così Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, dopo la requisitoria di oggi nell'ambito del processo a carico di due Carabinieri e di sei Poliziotti imputati davanti alla Corte d'assise di Varese a seguito della morte di Giuseppe Uva. Il Procuratore, Daniela Borgonovo, ha chiesto la piena assoluzione "perché il fatto non sussiste" degli imputati coinvolti nel processo sul decesso dell'artigiano 43enne, morto il 14 giugno 2008 in ospedale dopo essere stato fermato per schiamazzi e dopo aver trascorso la notte in caserma, e che secondo i familiari sarebbe morto a causa del pestaggio subito durante la custodia.
Gli Appartenenti alle Forze dell'Ordine sono finiti sul banco degli imputati dopo un interminabile iter durante il quale per ben tre volte gli inquirenti e la Procura avevano concluso per la loro estraneità rispetto a qualsivoglia contestazione, tanto che alla fine è stato un Gip, di fronte all'ennesima richiesta di archiviazione, a formulare l'imputazione coatta a loro carico. Adesso, a conclusione del dibattimento, il Procuratore è tornato a sostenere a gran voce l'innocenza di Carabinieri e Poliziotti, al termine di una requisitoria dettagliata e particolarmente approfondita, cui hanno assistito anche rappresentanti del Coisp di Varese, guidati dal Segretario Generale Provinciale, Luigi Fonzo, presenti in aula fin dalle prime battute dell'interminabile procedimento. Secondo il Procuratore non esiste alcuna prova "di percosse né in strada né in caserma" che Uva avrebbe subito.
Per il Pm fu invece una "condotta assolutamente legittima" quella messa in atto dai Carabinieri e dai Poliziotti intervenuti nel tentativo di contenere Uva e l'amico Alberto Biggioggero che stavano dando in escandescenze. "I testimoni che hanno riferito di percosse -ha spiegato il magistrato- o hanno ritrattato o sono stati smentiti dai fatti", ed ancora: "I Carabinieri quella sera non hanno fatto altro che il loro dovere. Sono intervenuti per impedire che il reato portasse a più gravi conseguenze. Che cosa dovevano fare? Lasciarli lì ubriachi a rovesciare cassonetti ed a creare ulteriori situazioni di pericolo per i cittadini? Il comportamento di Carabinieri e Poliziotti è stato proporzionato e conforme alla legge, così come giustificato è stato il suo ammanettamento e la successiva azione di contenimento".
"Sarebbe ora - conclude Maccari - di porgere profonde scuse a questi onesti lavoratori e riflettere lungamente e seriamente sulle gravi conseguenze di un atteggiamento teso a cercare frettolosamente esecuzioni di piazza in risposta a mere posizioni emotive, guidate dalla più odiosa delle mode: quella di dare addosso a chi porta una divisa".