Procreazione assistita, attesa per il responso
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Dieci anni fa entrò in vigore la legge 40 sulla procreazione assistita. Dieci anni dopo, conosceremo il responso della Corte Costituzionale sul divieto della fecondazione eterologa (ossia la possibilità, in caso di sterilità o di malattie, di uno dei due partner di ricorrere a spermatozoi/ovociti esterni per il concepimento di un bambino). Attendono con ansia tre coppie di Firenze, Milano e Catania che nel 2010 si erano rivolte per la stessa questione nei tribunali delle rispettive città.
Il divieto, presente in Italia, spinge molte coppie a recarsi all’estero, per inseguire il sogno di diventare genitori. Il marito della coppia milanese è sterile, la donna della coppia catanese è invece affetta da menopausa anticipata. Storie di dolore e di sofferenza acuita da uno Stato che non guarda oltre il proprio naso. Stato che spinge le persone a sobbarcarsi l’impegno (economico – si parla di 5mila/10mila euro a tentativo – ma non solo) di mettersi in gioco altrove.
Ad ogni modo, la legittimità costituzionale della fecondazione eterologa sarebbe comunque circoscritta solo alle coppie che rispondono ai requisiti previsti dalla legge 40: coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile e con i partner entrambi viventi. Bando, dunque, ai single, alle coppie omosessuali e alle donne non più giovanissime. Doppia cecità nella cecità. Forse tutti hanno gli stessi doveri ma non gli stessi diritti. Eppure, nella folla, voi sapreste riconoscere un figlio di single o di coppie gay?
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