Ai molti indicatori negativi del paese se ne affianca un altro che, per tradizione, era stato il volano della crescita. Ci riferiamo alla produzione di automobili, che è tornata ai livelli del 1958, quando si produssero nel paese poco meno di 400 mila esemplari.
Tuttavia quelli erano gli anni del post-guerra, del boom economico, l’Italia stava per conoscere una ricchezza inaspettata, e l’indice era in costante crescita. Questi, invece, sono anni un po’ più difficili, la produzione è stata delocalizzata, e l’Italia ne ha risentito parecchio. È dal ’90, anno il cui si è raggiunto il maggior numero di automobili prodotti, che la produzione è in costante calo.
Dati che dovrebbero far preoccupare, e non poco; sintomo di politiche non sempre azzeccate. La rinuncia alla produzioni ha effetti sia in termini di PIL che in termini di occupazione. Per non parlare delle imposte che diminuiscono: sono sempre meno gli italiani che utilizzano la macchina, e si è calcolato che in questi primi nove mesi si sia perso gettito fiscale sulle accise dei carburanti per ben 900 milioni.
Inoltre l’automobile nelle grandi città è vista come un mostro, ovunque bisogna pagare tasse di stazionamento, e comunque, da non dimenticare, che il prezzo dei carburanti è alle stelle.
Tuttavia l’attenzione posta alla produzione, non deve far dimenticare che siamo dinanzi anche a una crisi delle vendite. Fino al 2008 sono sempre cresciute, ma, da allora in poi, sono crollate dimezzandosi, colpa dello scarso potere d’acquisto degli Italiani.
Sono in molti, oggi, a preferire un’auto usata, piuttosto che andare dal concessionario. E, per questo motivo, si stanno creando dei consorzi per tentare di far acquistare le auto direttamente dalle case produttrici con conseguente diminuzione del prezzo.
Ciò che però deve balzare agli occhi sono i dati degli altri paesi della Comunità Europea, e, in particolare, interessano i dati della Spagna. Infatti la Spagna, pur non avendo una tradizione automobilistica (la Seat fa parte del gruppo VolksWagen e non ha un costruttore nazionale), ospita 17 impianti di 10 costruttori europei.
E quest’anno si appresta a produrre circa 2,4 milioni di vetture. Ma Italia e Spagna, in termini di crisi, non vanno a braccetto? Evidentemente no. Il paese iberico è stato bravo a investire nel settore industriale, concedendo incentivi e sgravi a produttori stranieri. Questo settore copre all’incirca il 10% del PIL del paese. E non è un caso se la Spagna sta per vedere la luce in fondo al tunnel: piccoli segnali di ripresa, e Bonos che superano i Btp italiani.
In Italia si discute ancora di decadenza, legge di stabilità, Porcellum e tanti altri argomenti, ma forse sta sfuggendo il fatto che non siamo più competitivi, che si sta registrando un declino inesorabile. È ora di darsi da fare, basta proclami e più fatti.
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