3 marzo 2016 Lascia un commento
Il millennio, quello scorso s’intende, sta per finire e nella New York pacificata dopo i tragici anni ’70 e i pantagruelici anni ’80, i ’90 sono una specie di continuo ed inebetito party o almeno cosi’ e’ la vita di Connor McKnight e della sua fidanzata, la modella Philomena. Di professione giornalista, tra il serio e il gossipparo, gira la citta’ intervistando personaggi famosi per la rivista "Ciao bella!" che gia’ definisce la tristezza di un mestiere fondato sul nulla.
La monotonia pero’ finisce di colpo quando la bella Phil se ne va senza piu’ tornare e d’improvviso una stanco amore assume tutta l’importanza che prima non aveva. Inizia percio’ la ricerca spasmodica di una spiegazione, nonche’ della modella che nel frattempo non si sa dove sia finita, mentre tutt’attorno la sua vita si smonta pezzo per pezzo, col lavoro in bilico, il vip che non si fa intervistare, l’amico scrittore sempre piu’ lontano dalla realta’ e altrettanto l’amata sorella sempre sull’orlo del baratro. Alla fine qualcosa si sistemera’, qualcos’altro no, il mondo sara’ un po’ piu’ triste ma un po’ piu’ vero. Forse ne sara’ valsa la pena.
Torno a McInerney recuperando uno dei suoi ultimi lavori, tenendo presente che da un decennio il nostro gira tra ristoranti e taverne bevendo e mangiando ma lo pagano per farlo percio’ fa bene. Quello di "Professione: Modella" e’ un bel McInerney, cronista di una New York in evoluzione che noi sudditi dell’impero conosciamo da film e telefilm e che a quanto pare non e’ molto lontana dall’immaginifico proposto. Nel punto esatto tra le mille luci e "Good Life", bisettrice di venti anni nei quali molto e’ cambiato o forse si e’ solo vestito di nuovi abiti di una moda che non lascia niente se non un guscio vuoto. E’ una presa di coscienza da parte sua che ricordiamo, fa parte di quella realta’ e probabilmente gli aspetti autobiografici sono molti e non casuali. Anche Ransom, il protagonista di "Riscatto" e’ rielaborato nella figura di McKnight e insomma, tutto sembra girare attorno allo scrittore in un momento che a posteriori possiamo dire di passaggio. Mi ha divertito molto per quanto riconosca i limiti di un soggetto non brillantissimo, con un finale dal buonismo rivoltante ma scritto con grande stile, come del resto McInerney ci ha abituati da tempo. Insomma, anche in questo e’ un punto centrale, stilistico e umano.
Si puo’ tentare.
La monotonia pero’ finisce di colpo quando la bella Phil se ne va senza piu’ tornare e d’improvviso una stanco amore assume tutta l’importanza che prima non aveva. Inizia percio’ la ricerca spasmodica di una spiegazione, nonche’ della modella che nel frattempo non si sa dove sia finita, mentre tutt’attorno la sua vita si smonta pezzo per pezzo, col lavoro in bilico, il vip che non si fa intervistare, l’amico scrittore sempre piu’ lontano dalla realta’ e altrettanto l’amata sorella sempre sull’orlo del baratro. Alla fine qualcosa si sistemera’, qualcos’altro no, il mondo sara’ un po’ piu’ triste ma un po’ piu’ vero. Forse ne sara’ valsa la pena.
Torno a McInerney recuperando uno dei suoi ultimi lavori, tenendo presente che da un decennio il nostro gira tra ristoranti e taverne bevendo e mangiando ma lo pagano per farlo percio’ fa bene. Quello di "Professione: Modella" e’ un bel McInerney, cronista di una New York in evoluzione che noi sudditi dell’impero conosciamo da film e telefilm e che a quanto pare non e’ molto lontana dall’immaginifico proposto. Nel punto esatto tra le mille luci e "Good Life", bisettrice di venti anni nei quali molto e’ cambiato o forse si e’ solo vestito di nuovi abiti di una moda che non lascia niente se non un guscio vuoto. E’ una presa di coscienza da parte sua che ricordiamo, fa parte di quella realta’ e probabilmente gli aspetti autobiografici sono molti e non casuali. Anche Ransom, il protagonista di "Riscatto" e’ rielaborato nella figura di McKnight e insomma, tutto sembra girare attorno allo scrittore in un momento che a posteriori possiamo dire di passaggio. Mi ha divertito molto per quanto riconosca i limiti di un soggetto non brillantissimo, con un finale dal buonismo rivoltante ma scritto con grande stile, come del resto McInerney ci ha abituati da tempo. Insomma, anche in questo e’ un punto centrale, stilistico e umano.
Si puo’ tentare.