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Profondo Skepto: con “Genti di Muerti” è il turno dell’horror iberico

Creato il 16 aprile 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Qui allo Skepto Film Festival le tracce di genere tendono a diversificarsi, sovrapponendosi in modo alquanto libero e andando ad alimentare un programma che proprio nell’estrema varietà di approcci, privilegiata sin dalla selezione, ha uno dei suoi punti di forza. Per questa sera, ad esempio, l’attesa degli appassionati si concentra su “Profondo Skepto”, un nutrito blocco di cortometraggi orientati verso l’horror. Non a caso la provenienza dei lavori di stasera pone in evidenza alcuni dei paesi europei che, anche riguardo agli aspetti più commerciali di una così specifica produzione cinematografica, si sono dimostrati più creativi e prolifici: vedremo The Stomach e Midnight Snack dalla Gran Bretagna, Dring of the Dead dalla Francia, Everything for the Movies dal Belgio, Tin & Tina e Sequence (che è anche finalista nella sezione “best short”) dalla Spagna. Si può altresì dire che al cinema iberico spetti un ruolo da grande protagonista, in questa carrellata orrorifica, considerando che già nella giornata inaugurale è stato proiettato un corto spagnolo, quale anticipazione di “Profondo Skepto”: l’onore è toccato al piccolo e tenebroso film diretto da Rubén Barbosa, Genti di Muerti. Come a ribadire la vitalità di una scuola cinematografica che col genere in questione può vantare un legame profondo.

Per restare in tema, a colpirci positivamente di questo Genti di Muerti è soprattutto l’atmosfera spessa, che sembra prendere ispirazione dai più recenti e scaltri mestieranti del cinema di genere attivi in Spagna, ossia registi come Jaume Balagueró, Paco Plaza e Juan Antonio Bayona, che hanno provato ad arricchire (talvolta riuscendoci e talvolta con esiti più deludenti) plot soprannaturali con una stabile, ed assai forte tensione psicologica. Nel suo cortometraggio Rubén Barbosa si diverte a immaginare che l’umanità conviva da tempo con malefici spettri, la cui periodica apparizione miete vittime trascinando i soggetti prescelti in una specie di incubo, che si conclude generalmente con la morte. Li chiamano “Genti di Muerte”, per l’appunto. E a quanto pare possono infettare alla nascita gli stessi esseri umani. Esattamente come è capitato al ragazzino protagonista, la cui madre è scomparsa in circostanze spaventose durante il parto, mentre a lui e all’amichetta del cuore Laura toccherà prendere coscienza, più avanti, di una natura a metà strada tra quella umana e quella delle sinistre creature.

Se gli orridi siparietti metafisici, discretamente realizzati in digitale, possono da un lato evocare The Fog di John Carpenter, nella loro essenza nebbiosa, si intravvedono poi nella messa in scena richiami ancora più “arcaici”: la macchinosa e solenne apparizione degli spettri a cavallo risulta in ciò alquanto suggestiva, nel senso che può richiamare alla memoria addirittura Il carretto fantasma (1921) del maestro svedese Victor Sjöström, con la sua inesorabile lentezza, come anche i Templari di quella “saga dei resuscitati ciechi” che s’impose sempre in Spagna nel corso degli anni ‘70, realizzata peraltro da un rivalutato artigiano come Amando de Ossorio.
Accumulate tutte queste suggestioni, c’è da dire che Genti di Muerti è una piccola produzione cinematografica abile nel definire un’atmosfera, molto meno nel conferire spessore ai presupposti metafisici del racconto, che stagnano a lungo nel racconto senza mai esplodere veramente. Positiva invece la scelta degli interpreti, perlopiù idonei ai rispettivi ruoli. C’è spazio qui per una piccola chicca: l’attrice che interpreta la nonna moribonda del protagonista, Selica Torcal, da ragazzina aveva doppiato Heidi per la versione iberica del popolare cartone giapponese!
“Heidi, ti sorridono i morti”, sarebbe il caso di dire.

Stefano Coccia


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