Profumo d’uva acerba
ai miei passi cittadini
sul declivio, il mare poco oltre;
foglie arse, abbagli di luce
fra macchie di roccia.
Profumo di terra rincalzata
dalla mano costante
del vecchio contadino,
come gesto di madre
sul pianto placato del neonato.
Profumo d’animali
che trovano cibo e cadenzano
vita e convivenza
nel gioco logico e ignaro
di chi vigila il destino.
Profumo di fatica
per catturare un raggio di sole
e qualche goccia di linfa
dalla rugiada che offre
un ripetersi di creazioni.
Profumo di sapienza
che dovrei accettare,
dettata da labbra di saliva secca,
senza risposta
dal mio animo incredulo.
Profumo di preghiera
che ascolto altri recitare
e che ho dentro, ma non esce;
non fatico a coltivare terra
e fatico a respirare l’aria.
Poesia inviata al Premio internazionale di poesia Piccapane