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Profumo di mare

Creato il 27 ottobre 2010 da Enricobo2

Profumo di mare.
C'è poco da fare, l'inverno è alle porte, l'aria più tersa fa indovinare le cime lontane delle montagne già coperte di neve e folate di vento gelido arrivano da nord, messaggere impunite di catarro e colpi di tosse. Il mare è ormai lontano nei ricordi, con il suo invito di salsedine e di orate alla griglia. Noi del basso Piemonte siamo morbosamente attirati dal mare, per carità, anche le valli alpine sono bellissime, il profumo dei prati e delle vacche all'alpeggio, ma se ci fosse il mare, sarebbe un'altra cosa. Gente marina dunque, non per niente molti centri dell'Alessandrino hanno nel toponimo, il suffisso Ligure. Quindi tutti grandi nuotatori, penserete, come gli abitanti della penisola. Tenete conto che quando, ragazzo, andai Polonia, a tutti veniva richiesta una prova di nuoto prima di avere in uso un kajak sui laghi Masuri, tranne agli italiani, esentati ad honorem essendo considerati di default tutti esperti nuotatori. Invece io, lo confesso, non so nuotare. Mi avvicino al bagnasciuga, bramoso, e mentre tutti si tuffano gioiosamente, varo il mio corpaccio bianco con cautela, rimanendo come un gigantesco ghiozzo incagliato sulla sabbia di una secca. Sguazzo alla meglio, attento a non farmi entrare l'acqua negli occhi, allungando il piede a sentire la consolante sicurezza del fondo mentre gli altri nuotano veloci verso la boa. Direte che sono un improvvido e che ne ho avuti di anni per rimediare a questo stato di cose, inoltre nel mare sta a galla anche un ferro da stiro, basta stare fermi a pancia in su e si emerge senza problemi come un sottomarino in avaria. Infatti ci ho provato. Una trentina di anni fa, dopo che un'amica mi aveva regalato il libro: Come imparare a nuotare, tornato da un viaggio in Turchia, nelle cui acque di turchese avevo lasciato il cuore (oltre ad un portachiavi d'oro, improvvidamente tenuto nella tasca del costume), si decise con altri due colleghi di lavoro, nelle mie stesse dolorose condizioni, di andare ad iscriversi al famigerato "corso di nuoto".
La piscina era colma di bimbi vocianti, occhieggiati dalle madri chiocce al di là della vetrata appannata. Noi equipaggiati di tutto punto, costumino anni 70, calottina blu e stringinaso parevamo Fantozzi con Filini e collega, sul bordo della piscina, schierati come soldatini in attesa degli ordini dell'istruttore/caporale. Cominciammo seguendo con ordine e disciplina tutti gli esercizi che ci venivano meticolosamente impartiti, dalla tavoletta alla testa sott'acqua, fino ai primi tentativi di spostarci con le potenti bracciate che il turgore della nostra giovanile muscolatura rendeva possibili. Bene, tra tutti e tre, nelle dieci lezioni previste, abbiamo bevuto quasi mezza piscina. Partivamo dal bordo della parte bassa e nel tentativo disperato di compiere la traversata dal lato corto, arrivavamo, mulinando le braccia come eliche di un motoscafo in disarmo, dall'altra parte, sprofondando a poco a poco come un Uboot silurato, fino a sbattere contro il fondo, fortunatamente contenuto nel metro e venti. Emergevamo nella disperata ricerca di aria, dopo un'apnea angosciante e la morte nel cuore. Alla fine, con gli occhi rossi di cloro, dopo l'ennesimo tentativo fallito di mantenere la linea di galleggiamento per più di trenta secondi, il corso finì e l'istruttore allargò le braccia ci mandò liberi scrollando la testa. Non gli era mai capitato. Tre su tre. Gatti di marmo irrecuperabili. Non sono riuscito a stare a galla neppure nelle acque melmose del Mar Morto (vedi foto allegata).
Profumo di mare.
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