Alberto Campo Baeza è un architetto spagnolo, originario della città di Valladolid nel nord del paese iberico. Per diversi anni ha vissuto a Cadice. Ha ereditato dal padre lo spirito dell’analisi, dalla madre l’amore per l’architettura. Oggi vive a Madrid dove gestisce il suo studio. Ha fatto diventare la sua passione per la luce, naturale o artificiale che sia, una vera e propria filosofia di vita. È stato definito da Manuel Banco (Membro della Confederazione Internazionale dei Musei di Architettura, curatore e progettista) uno degli architetti più puri e radicali che costruisce gli spazi anche solo con la luce del sole e quindi lasciandoli in continuo mutamento.
La persona ideale per una conversazione sul rapporto tra luce e architettura.
LIGHTING MAGAZINE Architetto Baeza, ho letto tanti suoi interventi su architettura e luce. In sintesi, come possiamo definire la relazione tra questi due elementi: sono dipendenti l’uno dall’altra o si completano?
ALBERTO CAMPO BAEZA Ho scritto molto sulla luce è vero, perchè penso che sia il materiale più lussuoso che gli architetti possano utilizzare, ma siccome non costa nulla, spesso lo si dimentica. La luce è un materiale esattamente come la pietra, ha un suo corpo, una sua consistenza che si possono controllare e gestire. Secondo me la luce e l’architettura sono l’aria e la musica: quando l’aria attraversa uno strumento, ecco che si crea la musica. Allo stesso modo, quando la luce attraversa lo spazio…ecco l’architettura. Spesso ho paragonato la luce al sale: quando la luce è dosata con precisione, come il sale, l’architettura può raggiungere il suo punto migliore. E’ solo quando un architetto prende coscienza di questo che scopre il vero senso del suo lavoro e il perchè valga la pena essere un architetto. Gli antichi architetti utilizzavano i marmi e bronzi, mentre quelli di oggi usano acciaio e vetro e plastiche speciali. Tutti cercano di creare con questi materiali architetture che colpiscano e stupiscano, ma in realtà è la luce il materiale principale.
LM Con questo approccio come vive l’illuminazione artificiale? Che illuminazione pensa per un palazzo storico? Che differenze ci sono nell’illuminare uno moderno?
BAEZA La luce artificiale è importantissima, ecco perchè il lighting designer è una figura essenziale nella progettazione di uno spazio, qualunque funzione esso abbia. In particolare, nell’illuminare uno spazio architettonico interno o esterno che sia bisogna essere molto attenti a compiere le scelte giuste, che non modifichino quello spazio, ma lo esaltino e lo migliorino a prescindere dal periodo storico a cui appartiene l’edificio. Non penso che un’architettura storica abbia più difficoltà, è solo che probabilmente ha più particolari, ha – letteralmente – più storia da raccontare e la luce è un materiale importante per vedere e conoscere. Recentemente ero al Museo del Prado a Madrid di fronte alla Maya di Goya: la luce artificiale era decisamente troppo forte, continuava a interferire creando inutili riflessi sul vetro. Questo è un intervento sbagliato, sia per il quadro che per l’ambiente circostante.
LM Architetti e lighting designer spesso lavorano insieme, soprattutto nella ristrutturazione o riqualificazione di un palazzo. Cosa può fare oggi l’architettura con i nuovi sistemi di illuminazione?
BAEZA Se la quantità di luce usata è importante, certo non lo è meno la qualità. Gli architetti dovrebbero ascoltare il lighting designer, perchè è lui l’esperto che può far ottenere il miglior risultato. D’altronde un architetto non può sapere tutto. Ad esempio, quando progetto un edificio, io conosco bene la struttura portante, ma allo stesso tempo mi avvalgo di un esperto in calcoli. Lo stesso vale con la luce artificiale, soprattutto adesso che ci sono nuovi sistemi all’avanguardia, stupendi ma difficili da conoscere perchè continuano a cambiare. Per esempio la possibilità di fare un muro di luce uniforme e dimmerabile con i Led è davvero un regalo della tecnologia attuale, qualcosa con cui giocare ma con cognizione di causa. L’architettura, o meglio, gli architetti devono scendere a patti con questa nuova realtà e considerare la luce parte integrante del progetto.
LM Secondo lei la luce può essere un elemento che aiuta a definire l’identità di una città? Le nuove tecnologie ci aiuteranno a uscire dalla crisi?
BAEZA Quando si diceva che Parigi era la città della luce, ci si riferiva alla luce artificiale. Oggi, Piccadilly Circus a Londra o Times Square a New York sono luoghi bellissimi proprio per la luce artificiale. Da tempo la luce caratterizza un luogo, addirittura una città. Direi che è arrivato il momento di cominciare a considerare la luce realmente come un materiale di costruzione e dare una nuova spinta alla storia dell’architettura. In questo periodo storico serve sperimentazione per uscire dalla crisi. Il mio ultimo progetto, una torre di vetro bianca a Dubai, è una colonna di luce e nella notte appare come un faro che si stacca da tutto il resto, ma attrae e dà sicurezza. Nel mio prossimo progetto invece vorrei usare, sia per la facciata che per l’interno, degli schermi di luce e delle immagini in movimento. Penso che il futuro stia andando in quella direzione e noi architetti dobbiamo seguirlo e imparare dalla luce.