Carteinregola ha sostenuto fin dall’inizio il progetto per il quartiere della Città della Scienza, perchè è un’operazione che recupera un’area abbandonata da anni, e che, nonostante sia stata ceduta dal Demanio a Cassa Depositi e Prestiti per ricavarne un profitto (1), in seguito ad un accordo con Roma Capitale, restituisce all’uso pubblico metà della superficie, dove dovrebbero essere realizzati, a fianco di residenze, negozi e un albergo, la Città della Scienza, una piazza pubblica, servizi per il quartiere e una quota di alloggi per housing sociale. E per la stesura delle linee guida del masterplan da mettere a base del concorso internazionale, il Comune ha avviato, esattamente un anno fa, un tavolo partecipato a cui hanno aderito cittadini e associazioni, del quartiere e non solo – alcuni del Laboratorio Carteinregola – che si è concluso a luglio con un documento molto dettagliato di proposte condivise (2). Tuttavia all’uscita ufficiale del bando si sono levate molte voci critiche, a partire da quella di Amate l’Architettura, che fa parte del nostro laboratorio, che riguardano le modalità del concorso internazionale, ma che finiscono con il rimettere in discussione la stessa esperienza del tavolo partecipato. Come è nello stile di Carteinregola, apriamo un confronto sul tema, “mettendo in chiaro” le diverse posizioni del nostro gruppo di lavoro e anche i contributi di chi vorrà partecipare al dibattito.
Nel filmato gli ex stabilimenti militari di Via Guido Reni come sono oggi
Amate l’architettura, che si è impegnata attivamente nel tavolo partecipativo per la stesura delle linee guida del masterplan del futuro quartiere della città della Scienza, ha scritto un documento in cui avanza durissime critiche alla formulazione e alla procedura del concorso internazionale per il “Progetto Flaminio” presentato nella conferenza stampa del 14 gennaio scorso dall’Assessore alla rigenerazione urbana Caudo e dal Direttore CDP -SGR Sangiorgio. L’Associazione mette in discussione il bando del concorso, sollevando dubbi anche sul percorso seguito finora per il coivolgimento dei cittadini. Pubblichiamo l’ articolo, proponendo alcune prime considerazioni, nella convinzione che l’Assessore vorrà chiarire tutti i punti in discussione, perché, come ripete spesso, se il conflitto non si può evitare, soprattutto quando si parla di trasformazioni urbane, è importante dargli un ruolo positivo nella vita della città, affrontandolo con democrazia e trasparenza.
Il documento di Amate l’Architettura mette insieme, mescolandoli, due aspetti che ci sembra utile analizzare separatamente per i diversi ordini di questioni che pongono: il primo riguarda le modalità del concorso, ed è legato al tema della trasparenza e delle pari opportunità dei concorrenti, il secondo riguarda il ruolo del tavolo partecipato e gli sviluppi concreti del lavoro svolto dai cittadini, cioè la “qualità” della partecipazione. Due livelli da tenere distinti, anche perchè la proposta fatta dall’assessore ai residenti e alle associazioni sul percorso partecipativo riguardava solo l’ambito dell’elaborazione delle linee guida per il masterplan dell’area, che sarebbero state poi poste alla base del concorso, mentre le scelte relative alle modalità tecniche del concorso internazionale sono sempre state prerogativa dei soggetti promotori, Roma Capitale e Cassa Depositi e Prestiti, o meglio – come vedremo – Cassa Depositi e Prestiti e Roma Capitale. Naturalmente Amate l’architettura, che da anni lavora per il rinnovamento della professione e della “politica” della categoria, impegnandosi in particolare per la promozione di modalità democratiche e trasparenti nell’affidamento degli incarichi delle opere pubbliche, aveva tutte le ragioni per avanzare – come ha fatto – anche una serie di proposte per il concorso ispirate ai più evoluti modelli europei. E oggi, poichè ritiene inadeguate le scelte dell’Assessore e vede disattese le sue proposte, ha pieno diritto a criticarle, diritto che avrebbe avuto in ogni caso, anche se non avesse partecipato al tavolo, come i tanti altri soggetti che in questi giorni si sono espressi sul concorso (3).
Per questo primo punto, rimandiamo alla lettura del documento di Amate l’Architettura, poichè non siamo in grado di entrare nel merito delle scelte fatte, soprattutto di paragonarle a un adeguato campione di esempi italiani ed europei, nè di valutarne le conseguenze sulla correttezza della competizione. Possiamo comunque osservare che, in una situazione generalizzata in cui è nel sentire comune, ma è anche un dato di fatto, che le carriere e i riconoscimenti non rispondano quasi mai a criteri di merito e creatività, ma solo a quelli delle appartenenze e delle conoscenze, più che i 6 gruppi finalisti a noi interessano quelle migliaia di professionisti, giovani e non, a cui è giusto dare una chance. E a quelle migliaia di aspiranti che non saranno scelti, che hanno il diritto di capire quali siano i criteri utilizzati dal gruppo di lavoro che fa la prima selezione per decidere i 6 gruppi finalisti. E a dire la verità, quegli aspiranti forse avrebbero meritato una selezione da parte di una giuria dedicata (4), e con criteri più chiari e stringenti di quelli illustrati nel bando (5).
Ma è il secondo tema quello di cui ci vogliamo occupare, quello che allarga il campo a una serie di dubbi che scaturiscono in parte dai punti sollevati da Amate l’Architettura, ma che in realtà hanno sempre viaggiato sotterraneamente in tutti gli incontri, di questo laboratorio e di qualsiasi altro laboratorio di partecipazione, adesso e nel passato. Dubbi riassumibili in un unico grande interrogativo, che ormai è una “deformazione professionale” dei cittadini, dopo anni di inganni e delusioni inflitte dall’amministrazione di qualunque colore: quanto saranno considerate le proposte e le richieste avanzate nel corso dei processi di partecipazione? L’assessore Caudo ha sempre ribadito quello che ha detto fin dalla prima presentazione, che il tavolo dei cittadini avrebbe elaborato le linee guida del masterplan, che sarebbero state messe ” a base” del concorso (6). Ma in quel “a base” non è contenuta un’indicazione precisa che permetta di capire “quanto” di quel lavoro dei cittadini finirà nella realizzazione finale. E neanche è chiaro se sia obbligatorio che ne finisca un bel po’ o se potrebbero rimanerne solo le briciole. Corollari di questo, tanti altri interrogativi che stanno a cuore ai cittadini, soprattutto di quelli che hanno deciso di investire parecchio tempo ed energie nel tavolo partecipato, o che ne sono stati coinvolti attraverso i dibattiti nei comitati. Nelle linee guida elaborate dal tavolo, ad esempio, si chiede di non abbattere completamente le officine militari, considerate un pezzo di identità del quartiere, ma di mantenerne una parte trasformandola in un fronte di negozi su Via Guido Reni, e nel Museo della Scienza. E la paura è che invece si “butti giù tutto”. In questa città, una paura atavica. All’estero sono più elastici, è vero, ma all’estero ci sono esempi straordinari di riuso di strutture storiche diventate modernissime mantenendo le stesse apparenze, e soprattutto all’estero i cittadini e la città pubblica non hanno subito quello che da decenni, forse secoli, subisce la Capitale. E questa paura si alimenta anche di alcuni aspetti del concorso giustamente evidenziati da Amate l’architettura, a partire dal fatidico “DPP”, Documento di Progettazione Preliminare, che dovrebbe riprendere le proposte del tavolo e integrarle con altre necessità dei committenti, che non è ancora stato reso noto, nè inserito tra i documenti del primo livello del concorso, ma che – stando a quanto si legge nel bando – sarà fornito solo ai 6 Progettisti selezionati per partecipare alla 2a Fase. E non rassicura neanche il fatto che, nonostante le promesse dell’Assessore, non vi sia traccia degli incontri dei sei finalisti con i partecipanti del tavolo, nel corso della progettazione finale, dato che sono citati solo incontri con la giuria. E comunque, non spinge all’ottimismo la risposta del Dott. Sangiorgi della CDP alle domande incalzanti del pubblico: non eravamo obbligati a indire un concorso, potevamo chiamare un progettista e commissionargli il masterplan. Risposta probabilmente corretta (7), che colloca però il ruolo del privato/pubblico Cassa Depositi e Prestiti, proprietario dell’area e finanziatore del concorso, in un ambito decisionale che appare alla pari, se non superiore, alla “regia pubblica” del Comune. Nonostante che, è bene ricordarlo, il Comune debba fare una variante del Piano Regolatore Generale per l’aumento di cubatura che viene concessa anche a CDP. E se è vero che, al contrario di altre città, dove le acquisizioni dell’ente si sono trasformate in edificazioni private (appartamenti, alberghi e centri commerciali con nessuno o scarso corredo pubblico), mentre la Capitale si porta a casa una metà di spazi, strutture e servizi pubblici (pagati con il contributo straordinario) e i costi del concorso internazionale, resta una certa perplessità su quanto tutto ciò possa aver condizionato le scelte del Comune nell’accettare le regole elaborate per il concorso e soprattutto su quanto possa condizionare anche le decisioni finali, soprattutto quelle in cui si dovrebbe tenere conto di quanto prodotto dal tavolo partecipato dei cittadini.
Un modellino esposto alla mostra RE- cycle, MAXXI 2011
E siccome noi di Carteinregola sappiamo quanto il sonno dell’informazione generi mostri, chiediamo all’Assessore Caudo di fugare questi dubbi, per rassicurarci che questa amministrazione, quando parla di partecipazione, lo fa sul serio. Mantendendo la promessa di un dialogo tra i gruppi di progettisti selezionati e il tavolo partecipato e di un collegamento costante tra lo sviluppo delle opere e i cittadini e i comitati . Agli amici di Amate l’Architettura chiediamo però di non mettere in un unico calderone di insoddisfazione le legittime critiche per il bando del concorso – che non faceva comunque parte del “pacchetto” del tavolo partecipativo – e i dubbi – altrettanto legittimi, ma per adesso non supportati da elementi concreti – sulle finalità del lavoro svolto dal tavolo. Se il processo di partecipazione per l’elaborazione delle linee guida sia stato una “foglia di fico” o un lavoro che si riverserà – e per una parte consistente – nella stesura del masterplan finale, sarà chiaro a tutto il mondo man mano che proseguiranno le tappe del concorso e delle progettazioni. Saremo noi i primi a protestare se le proposte dei cittadini diventassero carta straccia o un misero contentino. Ma fino ad allora possiamo solo avanzare domande e richieste, e vigilare come sempre. Ma continuando a distinguere i fatti dalle opinioni, e soprattutto dalle preoccupazioni.
Anna Maria Bianchi Missaglia
del Consiglio Direttivo di Amate L’Architettura
Noi di “amate l’architettura” ci avevamo creduto.
Nella 1a Giunta Marino (siamo già alla 2a dopo qualche sostituzione in “itinere”, dopo il “terremoto” del “Mondo di mezzo” e dopo soli 18 mesi di vita) avevamo salutato favorevolmente l’arrivo dell’Assessore Caudo che, da subito, aveva parlato di trasformazioni urbane all’insegna della “partecipazione” dei cittadini alle scelte dell’Amministrazione Comunale. Di “Laboratori di progettazione partecipata”. Di Concorsi internazionali trasparenti e aperti (“Basta con le Archistar”) per assegnare incarichi di progettazione per opere di riqualificazione di “brani” significativi della città. E noi ad applaudire.
Con riserva naturalmente, “scottati” oramai come siamo dal micidiale “Uno-Due” ricevuto dalle Giunte Veltroni, Alemanno, roba da non potersi più risollevare, di fronte allo “scempio” subito da Roma battezzata “La Capitale del non finito” (Zaira Magliozzi – Il Giornale dell’architettura n.117/2014).
Le “Vele” di Calatrava, la “Nuvola” di Fuksas, la Stazione Tiburtina dello Studio Abdr, gli Impianti per i Mondiali di nuoto, le Torri residenziali di Renzo Piano conosciute oramai come “Beirut”, la Metro C, i “Quartieri dormitorio” di Ponte di Nona e “Bufalotta-Porta di Roma” con gli Accordi di programma del tandem “Veltroni-Morassut”.
Storie che tutti conosciamo a memoria e che come un “mantra” liberatorio ogni tanto ne rinnoviamo il ricordo nell’illusione che non accadano più. Quindi con entusiasmo siamo entrati a far parte del “Laboratorio di progettazione partecipata” per la trasformazione dell’area degli ex Stabilimenti Militari di Via Guido Reni.
Insieme ad altre Associazioni di quartiere, Movimenti e cittadini, con il coordinamento dei Responsabili tecnici dell’Assessorato, per 5 mesi abbiamo lavorato alla stesura di un Documento che avrebbe dovuto far parte delle Linee guida di un “Concorso Internazionale di progettazione” per il Master Plan della Città della scienza.
Usiamo il condizionale perché nessuno ancora conosce il DPP (Documento Preliminare di Progettazione) che, come si legge nel Bando di Concorso pubblicato lo scorso 23 Dicembre 2014, sarà fornito solo ai 6 Progettisti che saranno “scelti” per partecipare alla 2a Fase del Concorso.
Ecco, partiamo proprio da questo punto per esprimere tutta la nostra delusione e contrarietà ad un Bando di Concorso che francamente abbiamo trovato, per alcuni aspetti, disarmante tanto da meritarsi in pieno la valutazione/Rating di 2/10 espressa dal sito “professione architetto”, e cerchiamo di spiegare anche il perché.
a). Il Concorso è a “Procedura ristretta ad inviti” come giustamente lo ha classificato anche il Sito di “Europa concorsi”, quindi è a tutti gli effetti una “Gara” non un Concorso, infatti solo la 1° Fase, che è una selezione basata su curriculum e quantità di progetti elaborati e/o realizzati, è aperta naturalmente a tutti. Ed anche la richiesta di “Una Proposta Planimetrica dell’area con immagine tridimensionale” diventa marginale e quasi irrilevante visto che in questa 1a Fase non viene messo a disposizione dei partecipanti il DPP (Documento Preliminare di Progettazione). “Per non condizionare i partecipanti e lasciargli più libertà” è stata la risposta dell’Assessore Caudo nella conferenza stampa e pensiamo che si commenti da sola, visto che se avessero voluto raccogliere proposte suggestive anche da chi non possiede curriculum “straordinari”, avrebbero potuto fare un Concorso di idee in 2 Fasi come suggerito da noi (8). Invece crediamo sia stata una mancanza di “correttezza e sensibilità” nei confronti del “Laboratorio di progettazione partecipata”, ritenere non opportuno palesare quanto del lavoro prodotto dal Laboratorio sia stato recepito e trasferito nel DPP.
Ma soprattutto è stata una scelta precisa per orientare il criterio di selezione solo sui curriculum. Meno informazioni si danno non consegnando il DPP e più semplice sarà la scelta dei 6 Progettisti che saranno “invitati” a partecipare alla 2a Fase. E’ stato così ignorato completamente il nostro suggerimento di “spostare l’attenzione dal progettista al progetto” privilegiando quindi l’idea, come fanno oramai molti paesi europei e come abbiamo documentato con un “Format” di Concorso Internazionale agli atti del “Laboratorio” insieme al Bando di Concorso Internazionale di Helsinki (Finlandia) per il Nuovo Museo Guggenheim.
(Dal Sito della Fondazione Guggenheim) – “Una giuria composta da architetti (tra cui Jeanne Gang di Studio Gang e Yoshiharu Tsukamoto di Atelier Bow-Wow) e rappresentanti della Fondazione, del locale Ordine degli architetti e della Città di Helsinki non sta valutando le proposte presentate da progettisti selezionati invitati a partecipare (come succede in genere), ma sta analizzando le idee presentate in forma anonima da architetti o studi di architettura mondiali esclusivamente sulla base di cinque criteri: approccio architettonico, sostenibilità, inserimento nel contesto urbano, fattibilità e funzionalità. Nessun limite “personale” quindi alla partecipazione, né di fatturato, né di età, né di progetti realizzati, né di fama. Significativi sono anche i riconoscimenti in denaro per i finalisti: 100mila euro per il vincitore e 55mila a testa per ognuno dei selezionati alla fase finale. Ad oggi, sul sito è possibile visionare la gallery dei 1.715 progetti presentati per la 1° Fase, provenienti da 77 nazioni del mondo, tra cui soprattutto gli Stati Uniti, Finlandia, Francia, Regno Unito, Italia, Cina, India, Germania e Svizzera”.
Prendiamo atto che in questo caso il mantra “ce lo chiede l’Europa” non ha fatto presa sul “Gruppo di esperti” che ha preparato il Bando. Del resto se nell’ultima classifica di Trasparency International, pubblicata proprio lo stesso giorno in cui scoppiava lo scandalo di “Mafia Capitale”, i Paesi Scandinavi sono ai primi posti e noi, insieme a Bulgaria e Grecia, siamo all’ultimo posto, ci sarà pure una ragione. Ed allora quale migliore occasione si poteva presentare come quella di un Concorso Internazionale di progettazione, per cercare di ridimensionare quell’immagine negativa di Roma andata in onda ultimamente?
Un Concorso senza vincoli, né curriculari o di fatturato, trasparente, ma soprattutto aperto a tutti. In particolare ai nostri giovani professionisti la cui maggioranza vive una situazione lavorativa disastrosa e che le statistiche ci dicono arrivano alla soglia dei 40 anni con poche o nessuna esperienza di progettazioni e di realizzazioni. Le cause vengono da lontano e soprattutto dalla cronica mancanza di politiche sulla Scuola e sull’ Università, che non possiamo trattare in questa sede. Oggi il lavoro non c’è più, e quindi a maggior ragione nessuno si dovrebbe permettere di cancellare anche la speranza ed il diritto di sognare.
b). (Dal Sito di CDP). – “Cassa depositi e prestiti (CDP) è una società per azioni a controllo pubblico: il HYPERLINK “http://www.tesoro.it/” \t “_blank” Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) detiene l’80,1% del capitale, il 18,4% è posseduto da HYPERLINK “http://www.cassaddpp.it/chi-siamo/fatti-numeri/fondazioni.html” Fondazioni di origine bancaria, il restante 1,5% in azioni proprie. – CDP Investimenti Sgr (CDPI Sgr) è una società di gestione del risparmio. Il capitale di CDPI Sgr è detenuto per il 70% dalla CDP e per il 15% ciascuna dall’ACRI ( HYPERLINK “http://www.acri.it/files/default.asp” \t “_blank” Ass. di Fond. e di Casse di Risp. Spa) e dall’ABI ( HYPERLINK “http://www.abi.it/” \t “_blank” Ass. Bancaria Italiana).
Nella nostra “ignoranza” in materia, se dovessimo dare seguito a quanto letto sul sito, sarebbe lecito pensare che se il capitale di CDPI Sgr, proprietaria dell’area, è detenuto per il 70% da CDP il cui capitale è detenuto per l’80% dal Ministero Economia e Finanze, per la proprietà transitiva (70 x 80 / 100) = il 56% del capitale di CDPI Sgr, proprietaria dell’area, sarebbe detenuto dal MEF.
Quindi il Soggetto Banditore, dovrebbe essere un investitore a maggioranza di controllo pubblico . Ha acquisito dal Demanio, altro Ente pubblico, un’area militare dismessa ed ha sottoscritto un Protocollo d’intesa con il Comune di Roma, altro Ente pubblico. Ma aldilà di queste considerazioni, è indubbio che l’investimento debba far tornare agli investitori degli utili. Quello che non è assolutamente chiaro invece è il perché la CDPI Sgr è da considerare a tutti gli effetti un investitore privato, come ha sostenuto, nella conferenza stampa, il Direttore Generale di CDPI Sgr Marco Sangiorgio, che ci ha tenuto a sottolineare lo “status” di “ente di diritto privato” che, volendo, avrebbe consentito a CDPI Sgr anche di agire liberamente e senza vincoli.
Ma siccome loro sono “bravi e buoni” hanno voluto condividere il percorso proposto dall’Assessore Caudo e “concedere” al Comune di Roma sia il “Laboratorio di progettazione partecipata” che il “Concorso internazionale di progettazione”. Ma purtroppo, da quanto si è capito nella conferenza stampa, le conclusioni e le proposte del “Laboratorio” non devono essere piaciute all’Assessore Caudo, specialmente quella inerente il Concorso, fatta da “amate l’architettura”. Ma se fosse veramente così, allora quale è stato il senso di tutto il “Laboratorio”?
E perché il Comune ha impegnato risorse pubbliche in un “Processo di progettazione partecipata” sapendo che poi l’investitore “privato” poteva decidere a suo piacimento?
Serviva forse la” foglia di fico” della “Partecipazione”?
E per quale motivo non si sarebbero potuti ottenere gli stessi risultati con un Concorso aperto a tutti e di vero respiro internazionale?
Quali sono stati gli aspetti che hanno “scoraggiato” l’Amministrazione della Capitale d’Italia e la “Cassa” più antica e solida del nostro paese? Quelli tecnico-economici, quelli organizzativi o cos’altro?
Ecco a queste domande ci piacerebbe avere delle risposte.
Con amarezza e delusione quindi dobbiamo ammettere che Il Concorso disattende le indicazioni del “Laboratorio di progettazione partecipata” puntando soprattutto all’individuazione dei progettisti (come per le Gare) e non del progetto (come avviene invece nei regolari Concorsi). Inoltre appare, a nostro avviso, concepito anche fuori dal Codice degli appalti (Forma palese e non anonima, Numero di 6 invitati anziché 10 alla 2° Fase – Art. 105, 106 e 107 (9). Senza dimenticare l’aspetto “anomalo” del “ruolo” del Gruppo di “esperti” scelti per elaborare il Bando di concorso e nominati paritariamente dal Soggetto banditore e dall’Amministrazione comunale.
Per la cronaca, la richiesta del “Laboratorio” che in questo gruppo ci fosse anche la partecipazione di un rappresentante dei cittadini, non è stata nemmeno presa in considerazione e senza neanche spiegarne il motivo.
Lo stesso Gruppo di esperti formato da 8 membri ora si appresta a “trasformarsi” in Commissione giudicatrice dei partecipanti alla 1a Fase per scegliere i 6 progettisti invitati alla 2° Fase. Ma 2 membri dello stesso Gruppo/Commissione giudicatrice andranno poi a far parte della Giuria che sceglierà il Vincitore.
Questo “sfruttamento” esagerato del Gruppo di esperti, vista la situazione in cui versa il Paese, vogliamo pensare che sia stato motivato sicuramente per un contenimento dei costi del Concorso.
In conclusione è deprimente constatare come in Italia non si riesca mai a seguire uno standard unico e definito per i concorsi. Ogni ente banditore elabora una formula diversa e personalizzata, a discapito della trasparenza e delle pari opportunità per i partecipanti. Tutto questo, purtroppo, non fa altro che alimentare i pregiudizi sulla cattive amministrazioni in particolare e sui concorsi di architettura più in generale. Noi saremo felicissimi di essere smentiti dai fatti.
Il Consiglio Direttivo di “amate l’architettura”
Giulio Paolo Calcaprina (Presidente), Giorgio Mirabelli (Vicepresidente), Lucilla Brignola, Ilaria Delfini, Margherita Aledda, Gianluca Adami, Claudia Fano, Santo Marra, Giulio Pascali
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(9)DAL CODICE DEI CONTRATTI (D.Lgs 163/2006), (vedi nota 7)
Art. 105. Selezione dei concorrenti
1. Nell’espletamento dei concorsi di progettazione le stazioni appaltanti applicano procedure conformi alle disposizioni della parte II del presente codice.
2. Nel caso in cui ai concorsi di progettazione sia ammessa la partecipazione di un numero limitato di partecipanti, le stazioni appaltanti stabiliscono criteri di selezione chiari e non discriminatori. Al fine di garantire di garantire un’effettiva concorrenza il numero di candidati invitati a partecipare non può essere inferiore a dieci.
Art. 106. Composizione della commissione giudicatrice
1. Alla commissione giudicatrice si applicano le disposizioni di cui all’articolo 84, nei limiti di compatibilità.
2. Se ai partecipanti a un concorso di progettazione é richiesta una particolare qualifica professionale, almeno un terzo dei membri della commissione deve possedere la stessa qualifica o una qualifica equivalente.
Art. 107. Decisioni della commissione giudicatrice
1. La commissione giudicatrice opera con autonomia di giudizio ed esamina i piani e i progetti presentati dai candidati in forma anonima e unicamente sulla base dei criteri specificati nel bando di concorso. L’anonimato dev’essere rispettato sino alla conclusione dei lavori della commissione, salvo il disposto del comma 3.
2. La commissione redige un verbale, sottoscritto da tutti i suoi componenti, che espone le ragioni delle scelte effettuate in ordine ai meriti di ciascun progetto, le osservazioni pertinenti e tutti i chiarimenti necessari al fine di dare conto delle valutazioni finali.
3. I candidati possono essere invitati, se necessario, a rispondere a quesiti che la commissione giudicatrice ha indicato nel processo verbale allo scopo di chiarire qualsivoglia aspetto dei progetti. é redatto un verbale completo del dialogo tra i membri della commissione giudicatrice e i candidati.
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LA SINTESI DAL SITO PROGETTO FLAMINIO DI CDP SGR
CDP Investimenti Sgr
bandisce un concorso di progettazione urbana per l’area che ospiterà la futura Città della Scienza, spazi pubblici e funzioni private prevalentemente residenziali. Il progetto nasce dalla acquisizione da parte del Committente dell’ex Stabilimento Macchine Elettriche di Precisione dell’Agenzia del Demanio collocato tra via Guido Reni e Viale del Vignola a Roma. Con un accordo raggiunto con l’Amministrazione Comunale si è avviato un importante processo di trasformazione che ha come obiettivi una struttura urbana innovativa e una forte autosufficienza energetica, emersi dalla consultazione di cittadini e organizzazioni residenti. L’area si trova a un chilometro da Porta del Popolo e dal centro storico della città, ed è circondata da importanti strutture architettoniche del XX secolo: dal Foro Italico e dal Villaggio Olimpico del 1960, al Parco della Musica di Renzo Piano, fino al Museo MAXXI di Zaha Hadid che sorge sul fronte opposto della strada. Il concorso richiede la progettazione urbana di un’area di 5,1 ettari il cui incarico di dettaglio sarà affidato al vincitore. Obiettivo del concorso è porre la premessa per la costruzione di una parte di città capace di integrarsi con le sue funzioni nel contesto di Roma contemporanea. Al suo interno dovranno convivere, sia la Città della Scienza rivolta ad un pubblico molto vasto, che residenze, servizi commerciali, spazi ricettivi e pubblici da aprire alla città, per un insediamento stimato di alcune centinaia di abitanti. Il programma prevede di collocare residenze per 35.000 mq e strutture ricettive e commerciali per 10.000 mq, un insieme di spazi e strutture pubbliche distribuite su 14.000 mq e la Città della Scienza, su cui sarà bandito un successivo concorso, alla quale è riservata un’area di 10.000 mq. Il concorso è strutturato in due fasi. Nella prima, i progettisti che intendono partecipare dovranno inviare un curriculum vitae dedicato a progetti che suggeriscano la loro attitudine verso la città e lo spazio pubblico. Inoltre è richiesta la presentazione di 3 fogli in formato A3 contenenti una proposta puramente indicativa. Tra le candidature saranno selezionati sei gruppi che parteciperanno alla seconda fase progettuale con tre incontri successivi di discussione con la Giuria. A ciascuno dei sei finalisti sarà riconosciuto un rimborso spese di 24.000 Euro.
- > vai al sito del Progetto Flaminio con il bando del concorso a cura della CDP Sgr
- > Vai alla pagina con gli interventi video della conferenza stampa
- > Vai alla nostra ricostruzione della vicenda della Delibera del Progetto
- > vai alla pagina del Dipatimento urbanistica con i resoconti e i materiali dei laboratori
Leggi i post precedenti:
scarica dal Dip. urbanistica:Documenti finali processo partecipativo Quartiere Città della Scienza – Via Guido Reni
- - Documento a base del concorso internazionale del 17 luglio 2014 (redazione a cura dell’ufficio) (f.to Pdf – Kb 198)scarica guidoreni-docum-base-concorso
- - Schema di sintesi dei laboratori partecipativi (redazione a cura dell’ufficio) (F.to Pdf – Mb 10,68)documento-finale tavolo partecipativo Flaminio-07072014
- - Documento finale (redazione a cura di 10 associazioni) (f.to Pdf – Kb 892)
- - Documento delle associazioni Gropius, Flaminio Bene Comune e A.C.U. Roma (f.to Pdf – Kb 375) scarica
(dal sito di Roma Capitale) Al Flaminio il Beaubourg romano
Un pezzo di città cambia volto e guarda all’Europa, alle cattedrali metropolitane della scienza e dell’arte come il Beaubourg parigino o il Technikmuseum di Berlino. L’ex stabilimento militare di via Guido Reni, zona Flaminio, II Municipio, sarà la sede della Città della Scienza. Accanto sorgeranno spazi pubblici, alberghi, negozi, alloggi sociali. 51mila metri quadri da “rigenerare”, un quartiere che cambia identità e diventa il più esteso polo culturale cittadino.
Ora, intanto, è partito il concorso internazionale per il grande intervento urbanistico. Si cerca la soluzione più unitaria, in grado di mettere insieme le parti nel modo più funzionale, con la Città della Scienza come fulcro. Un concorso con modalità e criteri inediti per Roma e per l’Italia, quelli tipici dell’Europa più avanzata: a bandirlo non è direttamente Roma Capitale ma la Cassa Depositi e Prestiti che detiene l’area; non è obbligatorio essere uno studio grande e blasonato per partecipare; giuria nota da subito e chiamata al dialogo con i concorrenti nello sviluppo dei progetti. E poi, largo alle osservazioni e alle proposte dei cittadini, raccolte nel corso di precedenti consultazioni.
Così nuovo, il bando, che il Campidoglio e Cassa Depositi e Prestiti hanno pensato di spiegarlo alla stampa: l’incontro è stato con l’assessore alla Trasformazione Urbana Giovanni Caudo e con Marco Sangiorgio, direttore generale di CDP Investimenti S.g.r., mercoledì 14 gennaio.
“Il Museo della Scienza e il nuovo quartiere che sorgerà in quest’area saranno un fiore all’occhiello per la Roma del nostro immediato futuro”, ha detto il sindaco Ignazio Marino. Tutto sul concorso internazionale nelle pagine del Dipartimento Urbanistica.
Corriere della sera Al via il bando per riqualificare
l’ex caserma Guido Reni
Il curriculum dovrà essere inviato entro il 26 febbraio 2015. Saranno scelti 6 gruppi di architetti per realizzare un progetto (masterplan) entro fino giugno, da approvare in assemblea capitolina, poi partiranno i lavori
di MANUELA PELATI FLAMINIOhttp://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_gennaio_14/al-via-bando-riqualificare-l-ex-caserma-guido-reni-6d29c52a-9bfc-11e4-96e6-24b467c58d7f.shtml