Proloco e tenerezza - Benvenuti al sud di Luca Miniero

Da Spaceoddity
Non ho una particolare simpatia per Claudio Bisio, che può arrivare perfino a irritarmi mortalmente: sono andato, dunque, a vedere con disillusa apprensione Benvenuti al sud, la commedia di Luca Miniero che per ora spopola al cinema (con, tra gli altri, anche Alessandro Siani e la sempre bella Angela Finocchiaro). Saranno state le attesa piuttosto basse, ma mi sono divertito e, nell'ultima parte, direi che mi sono anche commosso.
D'accordo, sono sentimentale... e la questione del sud mi prende molto, non per motivi di ingiustizia sociale o di sconclusionati federalismi, ma perché so per esperienza diretta cosa voglia dire vivere nel meridione o nel settentrione (soprattutto se si considera che ho un animo "teutonico" e apprezzo molto l'efficientismo). Non saprei dire, però, cosa mai mi abbia preso.
La storia che Benvenuti al sud racconta è quella di un trasferimento coatto, per punizione, del very lumbàààrd Alberto (Claudio Bisio, appunto) a Castellabate, in pronvicia di Salerno, jamme jà, dove trova una situazione che sfida qualunque più catastrofico pregiudizio: orari e stili di lavoro scombinati e perlomeno discutibili, scomposta rilassatezza mediterranea e una realtà immaginifica e barocca che l'ironica regia di Luca Miniero sa trasformare in una gustosa parodia horror. E dico subito che la regia (che, qui, per semplificare molto, intenderemo inclusa di fotografia, scene e luci) è la sorpresa più piacevole di Benvenuti al sud: dinamica, vivace, ma suggestiva e in grado di soffermarsi sulla bellezza mozzafiato delle coste campane (come se poi ci volesse molto, con un luogo che, non a caso, è stato inserito dall'UNESCO tra i luoghi più belli d'Italia!).
Ciò che fa la differenza, però, per Alberto sono le persone. E non c'è dubbio che qui la sceneggiatura - in linea con l'originale francese che riscrive - giochi con quegli stessi pregiudizi che intende sfatare, pur con le sue necessarie semplificazioni. Solo che il prevedibile, il già visto, lo scontato diventano in Benvenuti  al sud occasione per scherzi ulteriori - tutti italiani - e per una più profonda messa in berlina di ciò che vuol dire meridionali o settentrionali. Non ho ben chiaro se esista o sia in programma una risposta, ma mi sembra che già questa pellicola di Luca Miniero sappia prendere in giro, con altrettanta intelligenza, i pregiudizi dei meridionali nei confronti dei settentrionali (meravigliosa la "setta" del gorgonzola!).
Ma, ripeto, sono le storie e le persone a fare la differenza, non a caso la bellissima, fatale Maria (una dolcissima Valentina Lodovini) invita più volte Alberto a guardare alla realtà del luogo e dei suoi abitanti più che a un astratto sistema di lavoro. Ma Maria ha, a sua volta, un problema e questo problema si chiama Mattia (un amabile Alessandro Siani, pensieroso e scuro), che non vuole lasciare l'alveo materno - dove scorrono fiumi di zabaione -  per farsi una vita con la donna amata da sempre. Completano il quadro i due Constabile (Nando Paone e Giacomo Rizzo), coppia di comici italiani - e meridionali - per antonomasia, scombnati, complici e saggi. Come può Alberto rinunciare a tutto questo per tornarsene alla sua nevrotica e sempre insoddisfatta Silvia (Angela Finocchiaro, capace di ben altro che una pallida caricatura,, come dimostra qui)? Come farà Alberto a tornare alla vita frenetica e anonima della sua terra, così come la vive lui?
A patto di saper leggere nell'umorismo un po' amaro delle scene e delle relazioni tra fatti e persone, Benvenuti al sud merita più attenzione di una qualsiasi presa in giro della presunta grettezza intellettuale dei lumbàààrd. Da siciliano, mi irrita lo stupore con cui da qualcuno è stato accolto il successo del film nelle sale del nord Italia, come se oltre una certa latitudine non esistesse scherzo o autoironia. Tuttavia, da siciliano, devo anche ammettere che la vita al meridione è tutto tranne che un sogno ed è complessa, ben più che un giro per distribuire la posta senza lasciarsi coinvolgere. Sarà difficile dire no a questa realtà bislacca e avvolgente. Ma dire  è complicato e doloroso per chi abita un mondo che non fa della sua ospitalità un'occasione per essere davvero ospitale. Forse, la commozione nasce in questo dissidio tra vita, affetti e bellezza.

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