A Nicolaus Notabene piacevano i prologhi. Tant'è che nel 1844 pubblicò un libro, dal titolo "Prefazioni", che comprendeva otto prologhi, preceduti da un prologo, e tutti questi prologhi non parlavano di niente, essendo prologhi di libri che non esistevano. In qualche modo, Notabene era un burlone e la sua idea era quella di fare qualcosa del tipo di "bussare alla porta di una casa e poi mettersi a correre", di modo che quando il lettore - leggendo il prologo - apre la porta, non trova nessuno, nessun libro. Per Notabene, "un prologo è uno stato d'animo. Scrivere un prologo equivale ad affilare una falce, è come accordare una chitarra, come parlare ad un bambino, come sputare fuori dalla finestra."
Diversamente da Notabene (che poi non esisteva ed era lo pseudonimo - il prologo?!? - di Søren Kierkegaard), un altro filosofo, Hegel affermava di detestarli, i prologhi. Nella sua "Fenomenologia dello Spirito", fa la considerazione per cui"in un'opera filosofica, non solo risulta superfluo, ma anche, a causa della natura stessa della cosa, è inadeguato e controproducente anteporre, a mo' di prologo e seguendo le usanze stabilite, una spiegazione delle finalità che l'autore si propone in quell'opera". Solo che il filosofo tedesco, per esporre le sue considerazioni circa l'inutilità e l'oziosità dei prologhi, utilizza un prologo.
Ma per Kant, il prologo era tutto, anche una forma di bellezza: i suoi due prologhi alla "Critica della ragion pura" abbagliano con una sorta di consistenza sabbiosa che entra negli occhi, accecandoti, gentilmente. .
Ovviamente, fra i prologhi, poi ci sono anche i capolavori, come quelli raccolti, nel 1975, nel libro di Borges con il titolo "Prologhi, con un prologo ai prologhi. Ma vanno ricordati anche i prologhi di Henry James e quelli di Italo Calvino, senza dimenticare Joseph Conrad che accettò - per la pubblicazione delle sue opere complete - di scrivere un nuovo prologo per ogni suo romanzo.
A proposito di Borges e a proposito di quella sintesi estrema del prologo, che è il titolo che si dà ad un libro. Se il prologo perfetto riesce a rendere non necessario e futile tutto quello che viene dopo, il libro, quando questo avviene con il titolo, allora incappiamo nel caso di Eduardo Mallea, di cui appunto Borges lodava la notevole capacità di trovare ottimi titoli per i suoi libri. "E' un peccato che si ostini ad aggiungervi i libri!"
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