Affrontare un viaggio in macchina con Paperoga, è sempre un’esperienza surreale. Ricordavo perfettamente l’ultima calata al sud per le ferie estive, di notte, con me svenuta al posto passeggero che mi risvegliavo di tanto in tanto, lo vedevo intento ad ascoltare Radio Radicale, e decidevo istantaneamente di ripiombare in coma pur di non sorbirmi quella noia mortale, quindi non si può di certo dire che non fossi consapevole di ciò che mi attendeva.
Decidiamo di partire, destinazione Provenza. Un po’ più vicina della nostra Puglia, ciò non toglie che sia comunque il caso di fare una raccomandazione. Porta dei cd, non le tue solite rotture di palle pseudointellettuali!. Lui, tutto uno squittire di gioia, mi sorride e mi dice rassicurante, certo, penso a tutto io. (N.B. Questa è una frase che ultimamente mi dice sin troppo spesso e che sta iniziando a inquietarmi come poche altre cose al mondo).
Arriva il giorno della partenza, la Grande Mente di Paperoga ha veramente pensato a tutto, anche a come incastrare i bagagli (4 lui, 2 io) in macchina con la precisione di un campione mondiale di tetris. Ma, per l’appunto, l’ha solo pensato. Poi s’è seduto sul divano col Mac sulle ginocchia (se un giorno ci sarà un’iconografia di Paperoga, state sicuri che verrà ritratto così) e ha atteso placido l’arrivo di due braccia – le mie – per attuare il suo piano geniale, dandomi delle dritte essenziali del tipo quello incastralo sotto il sedile, quello ruotalo, le tue valigie non ci stanno, impilale, oppure butta il tuo borsone delle scarpe (!). Quindi, soddisfatto delle sue trovate, si mette al posto di guida guardando l’orologio manco fosse Furio, mentre io ormai, trafelata, sudata e esaurita, ho bisogno di una vacanza di due mesi anziché di una settimana per riprendermi dallo stress.
Ciò nonostante, l’idea della vacanza con Paperoga mi piace, e pure tanto, quindi mi asciugo la fronte con un fazzoletto che trovo sul cruscotto (ma no, che fai, sarà pieno di batteri fecali!), mi tolgo le scarpe (e dai, il tappetino è impolverato, ti sei appena fatta la doccia), faccio indietro il sedile (non ti muovere, dietro il tuo sedile abbiamo incastrato il giò style con la spesa, ora lo rompi!), distendo le gambe (stai composta!) e mi accingo a godermi il viaggio con la guida di Paperoga, sempre esasperantemente sotto il limite di velocità.
Comunque è tutto sotto controllo, si chiacchiera serenamente, ogni tanto tento ti staccargli l’orecchio per scherzo, lui ogni cinque minuti si fa prendere da tic nervosi, movimenti a scatto, cigolii inconsulti, strani indizi che farebbero pensare alla Tourette se non lo conoscessi in tutto il suo fulgore di nevrotico conclamato. Siamo ancora prima della frontiera quando decido che è ora di ascoltare un po’ di musica. Ora, va fatta una premessa. Paperoga funziona per monografie. Se gli piace un musicista o uno scrittore o un regista, deve ascoltare/leggere/vedere l’opera omnia del musicista, scrittore, regista. Non esiste il concetto di “disco/libro/preferito”. Non a caso in macchina ha l’intera discografia di Dylan, che, ok, lo amiamo alla follia, ma ha fatto una cinquantina di dischi, e non è il massimo da sentire per ore e ore di fila. Per me è un po’ diverso. Soprattutto in macchina, se non guido, ho bisogno di ascolti più disimpegnati, di fare avanti e indietro tra le tracce fino a beccare la canzone che non sentivo da tanto e che, una volta beccata, diventa quasi un regalo. Apriti cielo. Paperoga mi passa la discografia dei REM, uno dei miei gruppi preferiti di sempre, annunciandomi solenne che un ascolto filologicamente corretto prevede che si ascoltino tutte le tracce di tutti i dischi che lui ha masterizzato in ordine cronologico. Io rido, poi capisco che è serio, cerco di non pensare al fatto che sto con un maniaco che probabilmente mi seppellirà nel bosco circostante la nostra casetta provenzale – ma mi riprometto comunque di mandare ad amici e familiari le coordinate gps una volta arrivata, perché possano darmi degna sepoltura – e poi, al quarto ascolto di Imitation of life (ovviamente la discografia include anche molti Best of), mentre lui canta a squarciagola ormai da tre ore, impazzisco, tolgo il cd, reprimo l’istinto di spezzarlo coi denti, e ne metto un altro.
“Canzoni italiane”, si chiama. Sarà una compilation, penso dentro di me. Almeno sarà una roba varia.
E invece è la discografia di Battiato. E quindi, sulle note di Caffè della Paix, con un Paperoga in solluchero e una me scoglionata come non mai, arriviamo a Barjols.