Magazine Cinema
(Prometheus)
Ridley Scott, 2012 (Usa, Gran Bretagna), 124’
uscita italiana: 14 settembre 2012
voto su C.C. Anno 2089. Due scienziati (Noomi Rapace e Logan Marshall-Green) teorizzano che una civiltà delle stelle è stata l’iniziatrice della vita sulla Terra: si tratta di “creatori” super-intelligenti che senza dubbio vale la pena di incontrare, per rispondere a tutte le domande più ardite poste da biologi e filosofi nel corso di millenni su vita, morte e conoscenza. Un multimiliardario morente (Guy Pearce imbalsamato dal trucco) è pronto a finanziare la spedizione, mettendo a disposizione la navicella “Prometheus” ed un equipaggio di tutto rispetto, che annovera anche la sua figlia disconosciuta (Charlize Theron) e l’amato robot dalle sembianze umane (Michael Fassbender). L’incontro con ciò che resta di questi primordiali antenati diventerà, prevedibilmente, una battaglia per la sopravvivenza. Pur nato come forzato prequel del blockbuster Alien (1979), Prometheus nella sua prima parte nutre le speranze dello spettatore proponendo accattivanti premesse, abbellite da uno stile che strizza l’occhio al consueto progenitore del genere (2001): il misterioso incontro con delle divinità “laiche”, in grado di stuzzicare anche la curiosità dei più prevenuti, sembra infatti un corollario originale alla vostra banale storia su alieni antropomorfi dagli intenti bellicosi. Queste buone intenzioni aiutano poi a chiudere un occhio sulla caratterizzazione grossolana dei vari membri dell’equipaggio, dei quali è facile intuire sin dall’inizio lo stereotipato ruolo e soprattutto il momento in cui la sceneggiatura sarà pronta a sbarazzarsi di loro. Lo sbarco sul mitologico pianeta dei “creatori” è però foriero di enorme delusione, perché ben presto s’intuisce che Ridley Scott (insieme ai suoi compagni d’avventura Jon Spaihts e l’ex autore di Lost Damon Lindelof) è deciso ad abbandonare ogni intento di recherche pseudo-filosofica per lanciarsi a capofitto verso la strada più sicura in termini di botteghino: quella cioè tracciata dal precursore Alien e ormai consumata da trent’anni di sequel e stucchevoli variazioni sul tema. Senza voler svelare più del dovuto, basti notare che le famigerate domande esistenziali vengono snobbate per far spazio ad una sufficiente dose di serpentelli malefici e contaminazioni disgustose; allo Star-Child di kubrickiana memoria (che sembrava illuminare il percorso degli autori durante l’incipit) si sostituisce l’ennesima versione dell’ “alien-child”, la bestiaccia simil-mollusco che colonizza l’addome della povera Noomi Rapace, quasi a volerla punire per essere stata l’unica, nel corso del film, a perseverare nella ricerca di verità assolute su fede, vita e creazione. Con Prometheus, Scott si conferma abile orchestratore di kolossal a tavolino, perfettamente a suo agio con ambientazioni mastodontiche ed uso massiccio di effetti speciali – merita ammirazione il Fassbender decapitato che prosegue flemmatico nella sua recitazione da caratterista; allo stesso tempo il regista britannico dimostra ancora una volta l’incapacità di proporre qualcosa che non sia pretenziosamente banale. Ad un neofita del genere (come chi scrive) in più di una occasione durante lo sviluppo della storia viene il sospetto di aver già visto almeno in un paio d’occasioni la stessa sequenza o lo stesso escamotage narrativo, sensazione che diventa quasi certezza durante l’epilogo, allestito ad hoc per preparare il campo al secondo episodio (già, l’idea è quella di un prequel in due parti, giusto per raschiare bene il fondo del barile). È allora che tornano alla mente le scene del trailer italiano, nel quale si è bombardati da aggettivi pieni di entusiasmo tratti da misteriose recensioni; una sfida appassionante potrebbe essere tentare di leggere le minuscole didascalie che ne segnalano gli autori.
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