Più soldi ho, meglio sto: una filosofia di vita che anella non pochi sostenitori, vista anche la sempre più onnipresente crisi. Ma veramente il denaro rende la vita migliore, anche a qualsiasi costo?
Questo è sicuramente il messaggio che Steve Butler (Matt Damon) propone ai suoi clienti, nel film dal forte carattere politico e drammatico “Promised Land” (2012), di Gus Van Sant: nei panni di un venditore porta a porta di gas naturale, egli porta a firmare centinaia di contadini americani ridotti in misera per usufruire dei loro terreni.
Accompagnato dalla collega Sue (Frances McDormand), il protagonista giunge quindi in una città della Pennsylvania, con la stessa missione. Ma la “fama” delle aziende che estraggono gas naturale dal sottosuolo non è delle migliori: inquinamento, carestie e morte del bestiame hanno colpito tante persone del paese, mentre tante altre accettano di vendere la propria terra.
Nonostante le voci riguardanti l’inquinamento dell’estrazione, Steve ci tiene a far sapere a tutti che non è “una cattiva persona”: lui offre l’unica via di sostentamento per quelle persone, il mezzo per pagare il college ai propri figli in un Paese dove se non hai un conto in banca con tanti zeri rimani ignorante e disoccupato. E la chiamano democrazia, mah.
Il successo che il protagonista ottiene è semplice: è uno come “loro”, i contadini a cui offre l’estrazione, viene da una cittadina contadina fallita dopo la chiusura dell’unico impianto industriale della zona. Ciò nonostante le opposizioni ci sono: in primis un vecchio professore di scienze naturali, e poi l’ambientalista Dustin Noble (John Krasinski).
Ecco quindi che tra i due agenti porta-a-porta e il fronte anti-trivellazione inizia una sfida che significa milioni di dollari: una posta in ballo che spazza via qualunque principio, anche se Damon tenta di rimanervi aggrappato con le unghie. Ma non c’è traccia di svolta nelle scene, tutto rimane attorcigliato nel politicamente corretto.
Nell’attesa che la città decida se accogliere le offerte del gas naturale, Steve incontra Alice (Rosemarie DeWitt), giovane maestra che lo colpisce al cuore: lei aveva tutto in città, ma ha preferito la tranquillità della campagna: praticamente l’opposto di lui.
Il film che in origine doveva segnare il debutto da regista di Matt Damon, e poi passato a Van Sant, accantona marginalmente l’aspetto romantico sopracitato, anche se rimane un punto importante nella scelta futura del personaggio: ciò che conta di più è la “sottile” linea che divide l’onesto dal disonesto: i soldi che cambiano la vita, la morte della fattoria, la corruzione della politica e gli squilibri sociali.
“Promised Land” è per lunghi tratti utopico ed estremamente realistico: la miseria di una classe media ormai inesistente macchia la pelle e la vita, in un continuo susseguirsi di domande sul futuro. Damon tenta di vendere sogni, ma alla fine non basterà più chiudere gli occhi difronte allo scenario che attende dietro l’angolo.
Written by Timothy Dissegna