Magazine Sud Italia & Isole
Non sapevo che potessi arrivare a tanto, io che aprivo boccastando attento alle parole che ne uscivano, io che le controllavo ad una ad unacome le maestre di un tempo controllavano scrupolosamente le mani e le unghie deiloro alunni. E se una di loro mi sembrava sospetta, per la vaga assonanza o lapossibile sovrapposizione di significati con una di quelle parole che la buonaeducazione repudia, non potendo cancellarla dalla mia mente, la toglievo di pesodalla frase, la mettevo in un angolo e la lasciavo in castigo come si facevacon i bambini monelli.Ora queste parole me le ritrovo in prima linea a combatterei principi stessi che animavano il mio discorrere. Sorde a ogni richiamo sono diventateindomabili e sfuggono completamente al mio controllo. Mi sentiste! Sonoparolacce, turpiloqui e oscenità. Non proferisco una frase senza offendere contutta la volgarità di cui sono capace, non c’è una parola che non sia scurrile,indecente o scandalosa. E sentiste come le dico! Non tra i denti, timidamente esenza convinzione: sono declamate, coraggiose, militanti. Se le parole avesserodei piedi le mie indosserebbero gli scarponi dei militari.Tutto è cominciato quella volta in cui chinandomi leggermenteper compiere qualche operazione che ho ormai dimenticato, non ricordandomi diaver messo il cellulare nel taschino della camicia, questo mi è caduto nelwater. Nonostante fui pronto a recuperarlo – non erano passati più di tresecondi – l’acqua era penetrata in tutti i suoi meccanismi interni rendendoloinservibile, a meno che… a meno lo immergessi immediatamente nel riso easpettassi il miracolo. Ci fu. Il riso aveva assorbito tutta l’umidità e mipermise di parlare col mio vecchiotelefonino come facevo prima. Non esattamente…Voi credete che l’avere recuperato il mio cellulare dalcesso possa avere modificato in qualche modo l’argomento delle mieconversazioni?