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Pronto soccorso. L’urgenza di un cambio

Creato il 19 aprile 2011 da Witzbalinka

Celebravamo un felice evento familiare. Al tavolo di uno di quei ristoranti stracolmi di gente nel periodo dell’ipocrita Natale, regnava la sensazione di pesantezza nonostante il vino e l’allegria dei più piccoli. Non so se fu a causa del brulichio, del calore di tanti corpi, le facce innervosite del personale o la stanchezza dopo tanti giorni di eccessi, ma ingurgitammo l’ultimo piatto e in un attimo notammo come il più anziano di noi iniziava la sua caduta. Gesto d’allarme, sudore freddo e svenimento come un sacco di patate davanti a tutti. Come una molla saltammo in suo aiuto.

pronto soccorso

Curioso come in questi casi si rivela la personalità di ciascuno. Quelli che sono corsi alla ricerca di qualche bevanda ristoratrice, un semplice ventaglio o una rapida chiamata d’urgenza, e quelli che piangevano per l’impotenza che blocca al non sapere cosa fare. Eterni venti minuti trascorsero prima che arrivasse l’ambulanza, durante i quali il protagonista –già seduto su una sedia- andava e veniva dal suo limbo personale. Infinità di cervelli dicevano la loro: “slacciagli la cintura, “toglili le scarpe” “No! non dargli zucchero”, fino a che qualcuno sentenziò “state zitti e lasciatelo respirare”.

Quando l’infermiere venne a riscattarlo, il malato stesso rispondeva di sé e camminò con aria stanca fino all’ambulanza. Dopo i dovuti esami nell’ospedale mobile, non furono rilevati malanni particolari, ma consigliarono di portarlo al pronto soccorso più vicino. Una  volta arrivati, primo fiasco: abbandonarlo al suo destino dietro la porta che si chiudeva alle sue spalle, e ore infinite d’attesa in quella sala traboccante. Quando non sapevamo che raccontarci, una voce in off disse: “I familiari di Fulano tal dei tali, passino alla visita di 30 minuti”. Entrai spaventato e presenziai a ciò che voglio denunciare. Perché il ritardo dell’ambulanza, la consegna del familiare, l’affollamento di persone e le ore d’attesa sarebbero, fino a un certo punto, ragionevoli. Quello che non riesco ancora a digerire è l’aver visto come medici, infermieri e personaggi vari facevano coretti ridendo e scherzando su non si sa quali stupidi aneddoti, tra corpi stanchi a cui l’anima stava abbandonando, e persone in stato critico che cercavano, tra molti sforzi, di superare le porte della morte.

Capisco che questa gente, il cui lavoro è encomiabile, diventa insensibile a colpi di malati, sofferenze e morte, ma non sarebbe meglio se aproffittassero di quelle sale che con caffetteria per scherzare su ciò che passa loro per la testa, salvaguardando l’imprescindibile pacge delle persone che stanno soffrendo?

Per fortuna, nel nostro caso si trattò solo di un crollo di pressione, e potemmo uscire di corsa da quel terribile scenario, anche se ancora mi tornano in mente le carezze di un figlio al piede del padre moribondo, mentre ragazzini neolaureati si pavoneggiavanio tra i letti.

ManuManué Only-apartments Author
ManuManué

Dopo quest’esperienza, non m’importa di nulla. Parto in viaggio. Cerco alloggi Barcellona e via verso nuove esperienze.

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