Silvia Canonico è nata nel 1980, vive a Perugia: “Poetessa dell’eccesso, in questo libro Silvia Canonico traccia un diario di vita sfrenata, vissuta ai margini della strada, un’atmosfera alienante e provocatoria degna della più celebre cultura underground. Un’articolata sequenza tra romanza e poesia, una sensualità sudicia che si è sporcata vivendo il furore di tramonti irripetibili, di sbronze colossali e fughe chimiche dalla realtà ai piedi di un burrone cupo dove l’autrice danza sul bordo in una scatenata estasi dei sensi.
Ed ho vissuto giorni eterni, pieni di inizi, a capitare sui letti degli altri, per sciacallare amore, sperando in un bicchiere di vino, un po’ di calore, a contare i soldi per colorarmi i capelli e somigliarvi, elemosinare affetto fraterno, sincero, stretta dentro ad un abbraccio amico, più o meno vero, ma c’ero.
Ero gettata in quella mischia, di gente estranea che mi odiava, mi amava, mi stimava, mi schifava, mi ignorava, mi voleva ad ogni costo ed io mi son sempre data, sempre messa in gioco, quel gioco che non valeva mai la candela.
Mi sono sempre innamorata di tutto, bello e brutto, ed ogni volta lo stesso strazio.
Ho violentato e distrutto, uomini, donne, l’amore, qualunque dio, animale o genere sociale, ho fatto del male, ho ferito, segnato e alla fine, dopo tanti anni ce l’ho fatta, ho smascherato tutti, mi sono rivelata ed ho imparato a parlar da sola, perché quando amo, voglio farlo nuda.
Restare nudi non conviene, a volte fa freddo e troppo spesso è imbarazzante, vivermi, lo dico io per prima, è pesante, ma solo io posso sopravvivere a me stessa e per farlo ho bisogno di umano distacco, la distanza necessaria per non essere coinvolta, per dire addio a ciò che resta, quel poco che m’avete lasciato amare, ve lo giuro, l’ho amato con tutta me stessa, ma ora non posso che voltare pagina, iniziare a trattarvi, non più come persone, ma come le maschere che indossate e continuare ad interagire, non con voi, ma con la vostra superficie.
***
La musa di me stessa (poesia bipolare) – Arduino Sacco editore
*
E c’è del vento accumulato
tra i capelli
un vento di occhi a spillo
e di spade incrociate
Sotto i piedi ancora
s’attacca il catrame
tra i buchi neri
e le costellazioni di calli
C’è una scatola di cartone
dimenticata
piena di piscio di cane
e pidocchi a festeggiare
C’è una donna impazzita
vestita da bambina
che non bussa
e non chiede scusa
C’è un amore in ostaggio
e uno dato in pegno
per una dose d’affetto
e una di dolore
C’è un’estate asciutta
seguita poi
da un’altra stagione
distrutta
C’è il segno nero nelle vene
e una pista da seguire
C’è un taglio netto
ed uno incrociato
C’è tutto un sentiero del male
sul braccio ricamato
per non pensare
per non sentire
C’è tutto questo deposito
di cose
che riemerge
tra le buone intenzioni
e le belle parole
Ed infine
c’è questo eterno sfuggire
lontano da tutto
per poi ritornare
**
Ho confessato dio
e non ha ammasso il suo peccato
non è colpa sua
per quel che è capitato
“Soffri in silenzio”
ripete il mostro
che mi porto dentro
ed io non posso
non posso più
Così ho interrogato le stelle
ad una ad una
per capire se tra loro
ci fosse spazio
ma le stelle sono belle
e non devono spiegare proprio niente
Così ho misurato la distanza
dal sogno
e senza aspettare di vederle cadere
l’ho rincorso
Ed ora mi trovo a desiderare il coraggio
fatto di certezze
ma ho trovato solo
altre sporche carezze
Quindi corro come un incosciente
una bambina pazza e deficiente
e no so più fermarmi
davanti a niente
non esiste limite
d’evidenza
o d’apparenza
Oggi sono solo
indecente esperienza
Non so se arriverò prima tra gli ultimi
o ultima tra i primi
non so proprio se arriverò
né dove arriverò
ma so che corro
incontro al mondo
nel tentativo di cambiarlo
e riprendermi quella vita
non vissuta
contro tutto e tutti
e come dio
non chiedere mai scusa
***
“Ricordi l’amore?”
“Si sento che mi fa rumore il cuore”
è dura scavare
nelle pause di un dolore
tra le parentesi di carne umana
di un vuoto ricorrente
una solitudine latente
brindare alla mia
o col solito “niente”
a prendersela con l’inverno
per gli spazi gelidi
che abbiamo dentro
senza più guardarci intorno
“Ricordi l’amore?”
“Ricordo che mi ha ferita,
ma non per questo oggi
che sono di nuovo viva
mollo la presa”
“Si ricordo l’amore”
ha il volto dolce di chi a sconfitto la sorte
e la mano che mi stringe forte
mi ruba il respiro
ogni attimo che vivo
il cuore si gonfia
e nello stomaco c’è una festa
così tra un battito mutilato
un respiro mancato
vivo quest’amore tra una vertigine
e un’ apnea
assaporando il magico sogno che si crea
abbandonandomi perdutamente
al groviglio dei corpi ansimanti
godendo di tutti gli eterni istanti
in lenti, lentissimi
orgasmi
che da soli riescono a scacciare
tutti i miei fantasmi
****
INEDITI
OSSERVO
pacata assenza disturba il buio solitario
osservo
tagliente presenza di una proiezione in crisi
osservo
il cadavere sorride alle nostre bagnate morti
osservo
la scena vuota si masturba serenamente
osservo
liquidi senza pudore festeggiano gli attimi ritagliati intorno al mondo
osservo
l’oscenità del banale dorme sotto il mio letto
osservo
il museo degli orologi rotti apre i battenti
osservo
una zanzara stride, ride e si schianta contro questo schermo antiproiettile
osservo
scatole di plastica raccontano rovesciate le loro sterili verità
osservo
i calli sotto i piedi rimpiangono i tempi anestetici
osservo
i lacci emostatici diventano braccialetti da appendere al collo
osservo
tutto va a puttane come il pane quotidiano stampato su carta di giornale
osservo
è notte fonda, qualcuno mi trattiene, voglio gridare, ma non ci riesco
osservo
è notte fonda e posso chiudere gli occhi, ecco ora ci vedo.
*****
La metrica del silenzio
è la superficie della tua mancanza
la circonferenza del vuoto
è pari a mille chilometri di distanza
percorsi dal mio cuore
un tempo abituato a soffrire
per non arrivare alla fine dell’amore
e vedere questa mattanza
di sentimenti
ormai pronti
per il macello
Dove porti ora a pisciare i tuoi giorni?
forse dove porto io
a partorire i miei sogni
******
La vita non fa sconti di pena
non assolve
non perdona
non ti premia se sei più brava
non c’è margine d’errore
neanche nel sogno o nell’amore
Troppi ammettono colpe che non hanno
e troppi quelli che dovrebbero e non lo fanno
e noi ad ingoiare il loro fango
sarebbe bello veder trionfare il bene
ma quasi sempre non avviene
mai lasciarsi scappare un’occasione
anche se poi si rivela la peggiore
ma non fidarsi più delle persone
sarebbe come una tacita ammissione
rinunciare alla felicità
e ammettere di avere un piede nella fossa
e uno nella realtà
La musa di me stessa (poesia bipolare):
https://www.facebook.com/La-Musa-di-Me-Stessa-Silvia-Canonico-881725595222273/
Riassunti nel posacenere: