Sabine Pigalle è una fotografa francese e artista. E’ nata a Rouen, in Francia nel 1963, attualmente vive e lavora a Parigi. La maggior parte del suo lavoro si concentra sulla reinterpretazione dei miti. Religione, storia, mitologia, pittori fiamminghi e ancheil manierismo, che fornisce sia le varie fonti d’ispirazione che le materie prime per le esplorazioni artistiche. Sabine Pigalle produce fotografie ibride in serie diverse, dedicate principalmente all’arte del ritratto, che uniscono il contemporaneo all’ arte antica.
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così accade
la decadenza dei colori
come un dolore
denso di labbra interrotte
da nuovi lineamenti
tutto il nero
sbianca teatralmente
in questo tremulo
di membra rinvenute
al centro esatto del corpo
di Sylvia Pallaracci
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IL BUIO E’ GRATIS di Roberto Marzano
La luce costa, e tanto, il buio è gratis
ci puoi inzuppare gli occhi a perdi voglia
mistero garantisce senza esborso
stimola visioni nella mente
e se mi prende improvvisa la paura
m’adatterò al fioco balenare
di candele tremolanti alla finestra
spalancata con ‘sto caldo soffocante
della TV faccio a meno volentieri
la luna può bastarmi come svago
e il libro chiuso già al tramonto
riprenderò all’alba a costo zero.
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-notturno- di Francesca Dono
poi la notte
decise di dormire
cervello di ciaspole afose
sopra la neve obesa. Lei scelse e si sciolse ad umide dime
rosari di orologi in consenso ad occhi ferrosi :vaghi lisi davvero taciturni.
-Nero(amaro) al nulla –
intravisto tra numeri ed alfabeti. Facile il fiume di cartapesta, facili i frattali amplificati nel colon trucidato.
Perché d’abuso ,senza apparire in sole, piange morte non in.vita-
L’attesa
______________________________pressoché argine interstellare
alzerà l’intonaco quasi crosta ad ogni muro.
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DOWNLOVE – L’amore ai tempi di Facebook di Roberto Marzano
Ti prego taggami
lungo la schiena un browser
copia ed incollami
i file tuoi nell’anima
tesoro mio modificami
sarò il tuo umile server
il tuo disco fisso
la perdizione in bluetooth
io, piccolo mouse che non fugge
sta connesso ed anela
a loggare i tuoi giga
ammorbidendo il firewall…
Ma il downlove non si avvia
non resettarmi la ram
forse il software è obsoleto
s’imporrebbe un upload
ma amor mio mi accontento
di un pdf anche piccolo
un media player d’annata
un viaggio su google earth
basta che tu mi dia
la tua mail od un brivido
un sorriso zippato
e che clicchi “mi piace”
condivida il mio post
ma fa presto se no
mi si arresta il sistema
e davvero non so
se poi mi riavvierò…
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STABAT MATER di Izabella Teresa Kostka
Scarno il ventre
all’arrivo della nona luna,
impregnato di vita,
pregno di dolore,
il suo candore
adorno con sangue,
con linfa eterna della Madre Terra.
Oh, strana creatura,
feto viscerale,
l’immagine di dio
e la dannazione,
nutrirò le tue membra
nate dal peccato
saziando devota
la fame primordiale.
Fermate gli orologi
ladri del tempo!
Possa io sanguinare
al ritmo delle maree.
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Nel nome della notte
con gli occhi
senza pace e senza sonno,
io ti mormoro
-guardiana dei miei mali-
affinchè tu senta nella distanza
il fuoco di cui sono fatto,
la brace (Tu) per la quale ardo e
il dolore con cui mi brucio.
di Jonathan Varani
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-io sono la fame- di Rosaria Iuliucci
io chiamo sangue
questo presidio gelido stretto nelle fessure esposte
ch’io chiamo corpo /
un plagio angusto che espongo bruciato sotto la pelle
stropicciata d’ombre e foglie sommate limpide
ad una sottintesa azione meretrice innaturale
che non mi consola il seno
punto d’un solo singolo morire
implacabile come la condizione della notte
che vorace solletica il senno
sgorgando ai bordi cangianti del mio inumano cratere
l’assefuazione dei fianchi
che contorti spaziano nei contorni piegati al volere
come in una pura e zuccherosa trine follia
a penzoloni fra le gote nell’attimo del dire
e scivolosa poi nella sansione ritrovata afona / senza voce
il mio è un gemere selvatico / silente
che lascio cadere unto d’estro
.perchè io sono la fame.
incubata nel pensiero in una notte beffarda
guizzante e nobile
divorante senza equivoci
su di un laccio d’acciao passato sulla lingua
dove mi dissolvo complice
in_costante attesa / come assopita
di quel rosso che ne fa scaglie d’oro la mia cute /
.perchè io sono la fame. del mio stesso gesto issato al niente
scoperto d’areola come su di lapide ferrosa
che mi sguaina la solenne memoria
di una donna fatta tale in un amore che implaca brutale
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LA CENA DELLE EFFE di Roberto Marzano
Non mi farò sopraffare dal traffico malefico
né soffocare da sformati di falafel asfittici
io sfarfalleggio all’infinito, non so star fermo
e francamente me ne infischio, strafottente
degli spifferi funesti di metafore e fantasmi…
M’affligge chi famelico si fionda
su beffarde fettuccine funghi e fango
farfugliando affanno e frasi senza offesa
goffe ed affrante come krapfen sgonfi
fanti di fiori offesi da fiacchi stufati
stufi di fiabe-truffa e di falsi suffissi…
Strofe trifolate con fagiolini metafisici
saffiche fiorentine affamate di finestre
fate fedifraghe, falene sul soffitto
sfrontate figlie di fantomatici fauni
riflessi nelle finte forme in fil di ferro…
Intanto un flan di frattaglie strafritte
mi sfalda il fegato, me lo fa a fette
con un puf f che soffia fallimento
deflagra in un frappè di frutta sfatta
servito da filosofi in frac e farfallino
che fan strofe febbrili di fornace
in questa folle, folle cena delle effe
che fame non toglie proprio a nessuno
se dopo il formaggio arriva… il for-giugno!
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IO, FEMMINA di Izabella Teresa Kostka
Maledetta
dai giorni dell’Eden,
protesa
sull’altare della religione,
letale
come sguardo di potente Medusa,
fatale
come regno di Persefona.
Posseduta
nei tempi di lussuria,
usata
come oggetto del piacere,
svestita
negli approcci privi di vergogna,
squarciata
dai morsi del sacro orgasmo.
Eva,
donna,
femmina venerata,
un brivido eterno sulla tua pelle.
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ROSE ROSSE di Roberto Marzano
Ti rincorre quasi senza più fiato
il ragazzo maldestro che era
carabattole incaute di latta in salita
nelle scale abbandonate in dissesto
un sfiorarsi di occhi agli incroci
rose rosse per ogni sospiro.
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SE IL SOLE SAPESSE di Roberto Marzano
Se solo il sole sapesse
districare le notti perdute
in grovigli di abiti in tralcio
darsi pena d’attendere ignaro
la campana e un corno dorato
ed i turbini azzurri traditi
frantumati in luci divelte
da sospiri di fiati comuni
e le unghie a cercare l’ascesa
sulle creste dei monti di paglia
come in stanze di lune traverse
conficcate di sbieco ai soffitti…