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Prospettive: Omaggio di parole a Stanley Kubrick

Creato il 05 ottobre 2015 da Wsf

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Aveva solo 16 anni, ma nei suoi scatti mostrava già quell’espressività che l’avrebbe reso uno dei registi più famosi del ventesimo secolo. Stanley Kubrick ha sviluppato la passione per la fotografia da ragazzo, collaborando con la rivista americana Look dal 1945 al 1950.

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Mi guarderei se sapessi dove sono, forse devo cercarmi dentro a un sogno. Eravamo io e te, nessun altro, tu seduta sul divano di un locale fuori mano, io seduto sullo sgabello del bancone ad ascoltarti. Mi parlavi e non dicevi, ed io ad ascoltare, saresti andata avanti così tutta la vita, a non dire, a fare solo quello che ti pare, a calpestare, disobbedire, tradire, a balbettare davanti ai potenti e innanzi ai poveracci digrignare i denti. Che trambusto all’improvviso, entra un uomo brutto, profuma di gorgonzola fuso, aprite le finestre, condite le minestre, fate qualcosa, organizzate una corsa campestre, quest’uomo ha lo sguardo autoctono e il passo deciso, chissà quanti fiori in vita sua avrà reciso, tiene tra le mani una specie di coltello o qualcosa di simile, si avvicina a te incidendoti la gola, io capisco che sei morta e tutto ciò mi pare inverosimile, ti viene tutta la bocca storta, sei stata avvelenata, pane e marmellata, di lamponi, pugile senza guantoni, esco dal locale e mi ritrovo all’idroscalo, mastico amaro, peripezie di fine stagione, un battito di ciniglia e mi ritrovo a risalire con la canoa il fiume ombrone fino alla foce, poi di nuovo vedo la tua voce, ridi di me e non sai perché, forse perché ti facevo acuire le turbe mentali, peccati veniali, coliche renali, la superiorità della tua tecnica mi illumina, niente yoga, solo parole sviscerate con foga, la religione del terzo millennio sarà il tabacco gusto autentico, via col vento, colazione da Tiffany, collezionisti di bisturi, farneticazioni commestibili, pagine di quotidiani ammutinamenti, ancora mi sto guardando mentre cammino tra vicolo corto e vicolo stretto, indosso mutandine e reggipetto ma nonostante questo mi portano rispetto, gli amici mi chiamano mastro Geppetto, barba bianca e culo stretto, naso fino e sguardo da bambino, ho confuso Pinocchio con la Fata Turchina, dovrei smettere di bere di prima mattina, nella botte vecchia sta il vino buono, ora è troppo tardi, spengo la luce e mi perdono.

Di Luca Gamberini

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LOOK di Fernanda Ferraresso
(for not drinking the Kool-aid)

Solo
dentro l’obiettivo il vuoto
di un mondo che pretende
un centro di conguagli
tutto il nero di uno stato
dentro una macchina
da presa
dove chi vive paga con il corpo
un artificio di attimi in un solo scatto

senza che niente
alla fine
si sollevi dal guasto

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50

“ 50” di Romeo Raja

Cin_ quanta
volte ancora e poi cinquanta
volte.
Come una.
La prima.

***

Immagine

E ancora
passeggerò per i viali deserti
nel senso unico disabitato della coscienza.
E varcherò
soglie di tempi abbandonati senza emozioni
e budelli famigliari e fuochi spenti
e foglie di templi sigillati.
Spazzolando momenti e intenzioni
e voglie come granelli di sabbia.
L’assenza di vita
– lacerata in antri senz’aria –
rolla, vacilla in un vuoto senz’anima.
Sospeso elemento, passeggero,
e ancora.

di Afasia

***

occhio

“ Occhi “ di Romeo Raja

Sono pesanti sai
tutti questi occhi da portare
ti frugano come chiavi
che non trovi
e poi quel ghigno
che crede di aver visto.
: Ho bisogno di sentirti, amore.

***

1

Io per essere sono, poi piego gli stipiti a mezzo e mi sembrate
angolari e sfocati come quando attraverso un bicchiere di birra
la sera.

Soli che più si potrebbe e per giunta
mani addosso alle dissonanze del vocabolario e delle
pretese presenze labiali, cellulari.

2

Da tempo interrogarsi su un assolo nuoce.

La parvenza di dignità di una falena
intasata di ombre nei crocicchi
di luna piena.

Non ho visto l’eclissi perché dormivo acqua
da tutte le
pelli che mi spiegano.

Non sono stata stuprata dalla tua interezza
ma da te a frammenti
colati sul mento come una gramigna di cielo.

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Poi mi dirai che ne pensi di questa

rimozione forzata
da cui gli ottagoni di luce nel menarca bianco,
occaso e vittima.

Porgi i sensi a un bacio piano
che a vista la guancia
lacrimando mi vede.

di Alba Gnazi

***

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come seme
sterile
stese e capitolate
immerse in difetto esperienziale
abbandonate attorno
a frasi non dette
di immagini mai incontrate
udite in tonfi
cadute
piegate
e rannicchiate
pareidolie acustiche
inaudite
per riassunti senza punti
e valore
queste parole

di Afasia

***

I BACI di Marino Santalucia

Ma ecco che
improvvisamente la tua vita
ritrovi i baci smarriti

liberandoti dalla burrasca
prima che l’amore
anneghi sul tuo corpo.

***

1

Cospira e ripete di Andrea Borrelli

Fasciai le botte prese vinto
Da un angelico capolavoro
Quello delle tue mani serie
Avvolgenti al veleno tristi
Compassionevoli giravolte
Di femmina ferma che già
Mi appassiono a volte vivo
Di bugiarde convinzioni e
Cedo volubile mesto porco
In gioco su parole secche mi appassiono a volte vivo
Di bugiarde convinzioni e
Cedo volubile mesto solco
In gioco su parole vecchie.

***

Immagine

mi porterò via anche i libri bambini
tradurrò in luce i confini
dell’ombra in brossura
intanto la torta di carta studiata
ché oggi è buon compleanno
il bilico sporto a gettarsi nel mondo

e nel tempo che scendo
risalgo
all’idea che ogni cuore
è metamero e intero
e rimane ogni punto ostinato battente
il rimbombo nell’atrio e l’assorta lettura
e la corsa all’indietro è l’intonsa poesia
è restarsene in quota a un respiro di luce
risorto, tra notte e portone
e ogni tacco è la soglia di un arco, sua rampa
e scalino

mi porto
via tutta la storia, la fame che sazia le ore
il cuore da onesto libraio
di carta minuta e raccolta
racconto integrale
parziale versione di me

di Patrizia Sardisco

***

Immagine

Ehi, Mickey!
Che perdi tempo a fare sui tetti, dietro ai piccioni, come se invece di recapitare le notizie, te le portassero.
Te lo dico io quello che vuoi sapere scemo di un lustrascarpe.
Sei lì con la camicia bianca quasi fosse domenica, quasi fosse messa, quasi tu fossi un bravo ragazzo.
Invece hai solo strade sporche e polverose davanti a te, qualunque scelta tu farai ti porterà on the dark side, che tu vada in guerra cercando Orizzonti di Gloria o che diventi professore destinato a perdersi tra le cosce tornite di una Lolita con gli occhiali a forma di cuore.
Potresti essere Drugo, certo, e forse qui ti ho immortalato in una pausa dei tuoi folli balletti al ritmo di sangue e sperma, e quell’accenno di giovinezza spensierata potrebbe essere solo l’attimo precedente alla follia della mattina e del suo oro nella bocca.
Sai bene che prima o poi dovrai intonare la canzone di Topolino, che sarai l’amante allo specchio che fissa il vaso di porcellana del culo della tua donna poco prima di dividerla e farti dividere con altri.
Stanne certo, la malvagità che è dentro di me, e di te, e di loro, farà capolino, la userai sui campi verdi della fottuta Inghilterra, o salirai a cavallo dell’ultima bomba gridando yo-hoooo, o chissà quanti destini avrei avuto in serbo per te, se solo questi maledetti giorni non fossero già finiti.

Va bene, resta ancora un attimo a guardare il volo dei piccioni, io ti aspetto, qui, ai confini dell’universo sconosciuto, e assieme rivedremo il passato e ritroveremo nostro Padre Scimmia, e con lui caleremo ferocemente l’osso sul nostro fratello, fino a perderci del blu del cielo nero, del fondo della notte della Vita.

S.

di Rosario Campanile


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