Magazine Cinema
Durata: 85'
La trama (con parole mie): Oscar Grant III, un ventiduenne dal passato problematico di Oakland, poco dopo le due del mattino del primo gennaio duemilanove fu freddato da un colpo di pistola sparato da un agente di polizia appartenente alla pattuglia intenta ad effettuare un fermo dello stesso Oscar e di alcuni suoi amici di ritorno dai festeggiamenti per l'ultimo dell'anno passato a San Francisco.
I passeggeri del treno sul quale i ragazzi viaggiavano ed i testimoni, filmando con i cellulari l'accaduto, portarono alle dimissioni dell'intera squadra di agenti, del capo della polizia e dell'accusa di omicidio - prima di primo, dunque colposo - del responsabile.
Questa è la storia delle ultime ventiquattro ore di vita di Oscar.
Il Destino è davvero una gran brutta bestia.
Da lostiano convinto dovrei esserci abituato, eppure continuo a pensare alla vita come ad una sorta di corsa contro il Tempo e le difficoltà che fin dal principio ci poniamo l'obiettivo di affrontare sperando di scappare proprio da Lui, maledetto bastardo.
Il fatto è che presto o tardi, ed in barba a qualsiasi regola, quello arriverà comunque.
E si prenderà quello che vorrà, senza fare complimenti.
Onestamente, non conoscevo la storia di Oscar Grant III, che probabilmente avrà avuto i suoi ultimi istanti di lucidità sulla banchina di una stazione della metropolitana della Bay Area - Fruitvale Station, per l'appunto - ed altrettanto probabilmente avrà pensato a sua figlia.
La prima cosa che mi è tornata alla mente già dal principio di questo film - che documenta fatti purtroppo accaduti realmente - è stata la morte di Carlo Giuliani: certo, il contesto è completamente diverso, la dinamica molto più chiara, le versioni quasi completamente concordi.
Eppure, l'assurdità e l'assoluta freddezza del suddetto Destino mi sono parse decisamente simili: due giovani dal passato difficile con un'intera vita davanti portati via da un colpo di pistola esploso da un agente, quasi della stessa età al momento della morte, entrambi divenuti simboli di lotta di un'intera comunità.
Fruitvale Station, pellicola d'esordio del giovane regista e sceneggiatore Ryan Coogler, riporta - sfruttando le due ottime interpretazioni di Michael B. Jordan, già noto per Friday night lights, ed Octavia Spencer, letteralmente fenomenale - le ultime ventiquattro ore di vita di Oscar, impegnato a battersi con i suoi demoni rispetto all'idea di tornare a spacciare erba - occupazione che aveva causato la sua detenzione non troppo tempo prima -, di trovarsi un lavoro legale, rimettere a posto le cose con la famiglia e vedere gli amici per festeggiare l'ultimo dell'anno.
Mettendo per un momento da parte i riconoscimenti - più che giusti - ottenuti al Sundance, occorre sfatare ogni dubbio ed affermare che Fruitvale Station è un film che non lesina colpi bassi: a partire dall'agghiacciante apertura - che sfrutta un filmato reale del fatidico momento che costò la vita ad Oscar - fino alla conclusione - anche in questo caso legata a riprese di non fiction -, troviamo tutti gli ingredienti capaci di sconvolgere, commuovere, colpire ed indignare lo spettatore che, seppur non sfruttati con la tipica ruffianeria dei prodotti mainstream, rendono l'idea di quello che Coogler desiderava portare a compimento con il suo lavoro: commuovere il mondo attraverso la storia di un ragazzo morto davvero per nulla, a causa di un abuso di potere sconvolgente e terribile.
E sia che lo si veda attraverso gli occhi della madre di Oscar - credo che nessun genitore, in nessuna occasione e tantomeno per cause come questa vorrebbe trovarsi dall'altra parte di un vetro per il riconoscimento del cadavere del proprio figlio, impossibilitato perfino a toccarlo a causa delle indagini in corso -, sia attraverso quelli della figlia - splendida la chiusura muta sotto la doccia, taglio che non aggiunge parole altrimenti superflue ad una perdita enorme -, il risultato è un misto di lacrime e denti stretti, che vorrebbe una punizione ben superiore agli undici mesi che sono stati stabiliti per l'agente responsabile della morte del ragazzo - che ottenne il ridimensionamento dell'accusa da omicidio di primo grado a colposo nel momento in cui dichiarò di aver confuso il taser con la pistola -.
Destino o no, è sempre terribile pensare che ogni volta in cui salutiamo qualcuno dei nostri cari potrebbe essere l'ultima in cui li vediamo vivi, o viceversa.
E se il concetto non è concepibile in generale, figurarsi per tutti coloro che avrebbero ancora una vita da vivere.
Un applauso, dunque, a Ryan Coogler, che non ha dimenticato, e ha fatto conoscere al mondo una storia che si spera possa non ripetersi.
Uno ad Oscar Grant III.
Ed uno a sua figlia Tatiana.
Oggi è la Festa del papà, e sono sicuro che il suo vecchio apprezzerebbe.
MrFord
"So I'm taking the Mr.
from out in front of your name
cause it's a Mr. like you
that puts the rest of us to shame
it's a Mr. like you
that puts the rest of us to shame."Ben Harper - "Excuse me Mr." -
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