Protocollo legalità nel Veneto per prevenire la mafia

Creato il 14 gennaio 2012 da Leone_antonino @AntoniLeone
Articolo di Pierpaolo Romani, coordinatore di Avviso pubblico, pubblicato su Corriere Verona il 13 gennaio 2012 È superiore ai 100 miliardi di euro, vale a dire l’8% del PIL, il valore del mercato degli appalti pubblici in Italia e in esso trovano occupazione quasi 1,5 milioni di persone. Questi dati sono contenuti nella relazione annuale dell’Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (www.acpt.it). Si tratta di numeri importanti destinati ad attirare l’attenzione non solo degli operatori economici ma, altresì, delle organizzazioni mafiose. È un mercato delicato quello degli appalti, in cui, come scrive l’Autorità, non mancano casi dove si registra «una sproporzionata durata dell'esecuzione dei contratti e un ricorso frequente e immotivato a varianti progettuali che provocano un sensibile aumento dei costi contrattuali». A tutto questo, si legge sempre nella relazione, si aggiunga che oltre 5.000 imprese non applicano il codice degli appalti pubblici e che il 30% degli appalti avviene senza gara. Di fronte di questo scenario, è certamente un segnale importante quello che è giunto dal Veneto lo scorso 9 gennaio con la firma del Protocollo di legalità finalizzato a prevenire l’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici, sottoscritto dalle Prefetture, dalla Regione, dalle Province e dall’Anci alla presenza del Ministro dell’Interno Cancellieri. Un protocollo chiaro e specifico che si propone come modello per altre regioni italiane. Un documento importante anche per i messaggi che veicola. Il primo è quello che il problema della presenza mafiosa nel tessuto economico locale è un rischio concreto, anche in Veneto. Il secondo è che il contrasto alle mafie non è delegabile esclusivamente alla fase repressiva svolta dalle forze dell’ordine e dalla magistratura. Anche la politica e la pubblica amministrazione sono chiamate a fare la loro parte rafforzando la trasparenza, la sicurezza e il controllo sul sistema degli appalti pubblici.
Nella nostra regione, come in altri territori dell’Italia settentrionale, una seria politica preventiva antimafia deve fondarsi sul monitoraggio costante dei capitali che circolano e delle imprese che operano. E questo va fatto soprattutto in determinati settori, elencati anche nel Protocollo, e con particolare attenzione nel sistema dei sub-appalti. Per questo, come previsto nel documento sottoscritto a Venezia, è fondamentale conoscere gli assetti societari delle realtà coinvolte nella realizzazione delle opere, rendere tracciabili i flussi finanziari, affidare precise responsabilità di controllo e monitoraggio di quanto avviene nei cantieri ogni giorno. E altrettanto significativo è l’obbligo che il Protocollo conferisce all’impresa aggiudicataria dei lavori, alle imprese subappaltatrici e ad ogni altro soggetto che intervenga nella realizzazione dei lavori di denunciare tentativi di pressione criminale; così come è importante la previsione della rescissione del contratto con imprese e società qualora emergano infiltrazioni mafiose. La mafia non è compatibile con la libertà di impresa e con il principio della libera concorrenza. Questo deve essere chiaro ai cittadini e agli operatori economici che credono nel libero mercato.
Il Protocollo ha una durata di due anni al termine dei quali sarà interessante conoscere i risultati prodotti dalla sua applicazione. Chi lo dovrà fare non è stato specificato nel documento sottoscritto. Una mancanza, alla quale, ci auguriamo si possa presto porre rimedio.

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