Franco Pilloni (in risposta a Massimo Pittau). Massimo Pittau, lo so da sempre, è uomo di valore, sia come scienziato che come persona. Ha due lauree, una in Lettere ed una in Filosofia: a seguire i sui ragionamenti, si direbbe che ha studiato dai Gesuiti. Il che è rimasto un sogno per me, umile maestro di scuola uscito dall’Istituto Vescovile di Monsignor Tedde, in quel di Ales. Questo per comprendere che io sono un peso mosca che deve vedersela con un peso massimo, pugilisticamente parlando. Le regole però sono uguali, qualunque sia la categoria di peso a cui si appartiene come, ad esempio, il divieto di menare colpi bassi. Date le nostre relative stazze culturali, sarei io, essendo largamente più basso, ad avere la tentazione di trasgredire alle regole. Mi spiego meglio: come ha riportato Pittau stesso tra virgolette, avevo detto che “Fra i tanti meriti del prof. Pittau non posso tacere che anch’egli, come i vecchi archeologi che proclamarono nuraghe=fortezza, si stia arroccando sulle proprie posizioni, senza dare spazi e sufficiente attenzione al nuovo che sta venendo fuori specialmente in fatto di scrittura in Sardegna risalente al Bronzo Finale e al Primo Ferro, …”. Avete letto bene: avevo detto “scrittura in Sardegna” non “scrittura nuragica”, risalente al Bronzo Finale e al Primo Ferro, in pratica, per la Sardegna indica il periodo intorno all’anno 1000 a.C., due-tre secoli di qui, due-tre secoli di là, per dirla in parole povere. Il fatto che quel tempo in Sardegna coincida col maggior splendore della Civiltà Nuragica non è un caso o una pura complicità di numeri e date randomizzati.
Su che cosa ha discettato prof. Pittau contrapponendosi a quanto avevo detto? Forse sulle scritte trovate nei reperti riconducibili a quel periodo, così come li hanno datati gli archeologi? Neanche per sogno. Il professore ha parlato di inesistenza di scrittura nuragica, indicando con quel termine “un sistema scrittorio originale”, tipo quello cinese, come egli stesso ha detto egregiamente. Professore, mi permette? Lei è andato fuori tema! Se lo lasci dire da un maestro di scuola, umile ma non modesto: fuori tema. E siccome non ho alcuna preclusione a considerare ottima la sua lucidità, lo comprende perché mi è cresciuto il sospetto che abbia studiato dai Gesuiti?
Non vorrei farla lunga, ma anche il termine “scrittura nuragica” ha lo stesso senso di scrittura greca o latina o fenicia, visto che nessuno fra quei popoli di riferimento si è inventato ex novo un sistema di segni, ma ha usato e adattato quelli esistenti, che ha trovato a portata di mano, come ad esempio (e lo dice lei stesso) l’egizio, il sumerico e il cananaico, proto- o paleo- faccia lei. Quindi, come per fenicia, greca, etrusca o latina, scrittura nuragica dovrebbe (vede che uso il condizionale?) significare scrittura adoperata, adeguata ai suoi bisogni, eseguita manualmente dal e presso il Popolo dei nuraghi, li si chiami Nuragici o Nuracini, come io preferisco (dall’arcaico meridionale nuraci→Nuracini), oppure Sardiani come piace a lei.
Mi dica se la rotella del Museo Sanna di Sassari, scavata cento anni fa nel Nuraghe Palmavera ad opera del Taramelli e datata fra il XV e il XIII secolo a. C., sia scritta o solamente ornata di grafiti senza senso o l’anfora scritta de S’arcu de is Forros, presentata dalla scopritrice che la data al IX-VIII secolo a. C., la ex sopraintendente archeologica per le province di Nuoro e Sassari M. A. Fadda, la quale si appoggia al Garbini che dice trattarsi di anfora cananaica con scrittura filistea, dunque incomprensibile, visto che tale scrittura (se esiste) non ha trovato chi la interpreti. S’arcu de is forros è in Gennargentu, territorio di Villagrande Strisaili, come pare di arguire dai ragionamenti incrociati Fadda-Garbini, un arcinoto luogo di raduno di marinai fenici (sic!), oltre che di scribi filistei!
Scusi, ma i Flistei non erano morti tutti con Sansone tre secoli prima? Si sarà trattato dell’ultimo dei mohicani, pardon, dei filistei?
I Sardiani, o Nuragici o meglio ancora Nuracini, come afferma il suo amico Gigi Sanna, erano padroni dei sistemi scrittori esistenti in illo tempore e li usavano tutti con grande abilità, non facendosi scrupolo di mischiarli e di contaminarli con alcuni segni che parrebbero proprio tipici del luogo. Ciò, dice sempre Sanna, per preservare in qualche modo la “santità” delle invocazioni e il nome della divinità, nascondendola ai più, visto che si tratterebbe per lo più di scrittura sacra e non commerciale.
Le riuscirebbe di ragionare anche sui segni scrittori che le propongo, che poi sono solamente una piccola parte dei reperti sin qui acquisiti?
In questo modo ci riuscirà di parlare degli stessi argomenti, senza che lei strilli dalle piazze di Nùgoro ed io tenda le orecchie da quelle di Cagliari. Anche se poi non sono neppure così lontane.
Featured image, struttura a S’Arcu de is Forros (Villanova Strisaili). Fonte Rina Brundu.
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