(Catch me if you can)
Regia di Steven Spielberg
con Leonardo DiCaprio (Frank Abagnale, Jr.), Tom Hanks (Carl Hanratty), Christopher Walken (Frank Abagnale, Sr.), Martin Sheen (Roger Strong), Nathalie Baye (Paula Abagnale), Amy Adams (Brenda Strong), James Brolin (Jack Barnes), Brian Howe (Earl Amdursky), Frank John Hughes (Tom Fox), Steve Eastin (Paul Morgan), Jennifer Garner (Cheryl Ann), Ellen Pompeo (Marci).
PAESE: USA 2002
GENERE: Commedia
DURATA: 141’
Traumatizzato dal divorzio dei genitori, il giovane Frank Abagnale scappa di casa e, nel giro di cinque anni (1964 – 1969), guadagna milioni di dollari fingendosi pilota di aerei, medico, avvocato. Sulle sue tracce si mette Carl Hanratty, scafato agente federale sempre a un passo dall’acciuffarlo…
Tratto dall’autobiografia dello stesso Abagnale, simpatica canaglia che nei secondi anni sessanta divenne uno dei ricercati più famosi di tutta l’America. La sceneggiatura di Jeff Nathanson si prende parecchie libertà rispetto alla “realtà dei fatti” – ammesso che essa sia quella narrata nell’autobiografia, visto che Abagnale fu un bugiardo cronico – e talvolta romanza un po’ troppo e vistosamente: ma, in fin dei conti, tutte le modifiche servono a fare del 22esimo film di Spielberg un film coerente con la sua poetica (le riflessioni sul rapporto padre/figlio, la solitudine degli opposti, il timore di diventare grandi). È un film sul mito tutto americano del “successo a qualsiasi prezzo”, meglio se raggiunto faticando il meno possibile. Ma è anche un film sul contrasto tra vero e falso, e su una nazione cui interessa soltanto relativamente la distinzione: l’importante è essersi fatti da soli, il come è un dettaglio che non interessa a nessuno. Il fatto che Abagnale riesca a diventare avvocato guardando Perry Mason alla tv, indica che si deve sempre apparire forti e preparati, poco importa se non lo si è per davvero. Spielberg ribalta il concetto di self made man e gira un film “politico” ma assai divertente, ironico e intelligente, ben ambientato nella mutevole America degli anni ’60 (notevole la fotografia pop del fidato Janusz Kaminski). Anche a livello stilistico è uno dei suoi film più riusciti: meno “virtuoso” di altri nelle scelte di regia, ma decisamente più compatto, armonioso, ben strutturato. Tanto che, nonostante la lunga durata, non ci si annoia per un solo secondo. Da non perdere i titoli di testa. Il finale è meno consolatorio di quanto potrebbe sembrare. Musiche – una volta tanto – non ampollose di John Williams. Hanks e DiCaprio confermano di essere due cavalli di razza, tra i più in gamba delle rispettive generazioni.