Solo due righe per mettervi al corrente del fatto che negli ultimi cinque o sei anni ho consigliato i The National a un po’ di persone, amici e conoscenti di ogni tipo, e ho sempre fatto una gran bella figura. In almeno tre casi documentabili la band è schizzata direttamente al primo posto delle classifiche individuali di costoro. Ti piace vincere facile, mi direte. Ma non ne sono mica convinto, cioè comunque non sono proprio così immediati da assimilare; malgrado il sound molto rassicurante, l’impressione che ho è che il loro modo di scavare dentro metta a disagio chi è disposto solo a un ascolto superficiale. Li ritengo piuttosto ingombranti, ecco, lasciano poco spazio in un momento in cui siamo più inclini alla quantità di ascolti a causa della sovraproduzione musicale a cui ci esponiamo. E la gente pensa: ma cosa vogliono questi americani che cercano di scendere così a fondo? Non c’è tempo per questo genere di emozioni. Mi fermo qui, per risparmiarvi anche l’ennesimo tributo ai dischi in vinile in onore degli antichi e della loro tecnologia antidiluviana. In attesa che esca il nuovo album presto, magari proprio nel corso di quest’anno, metto sul piatto un disco a caso e ascolto questa.
Magazine Società
Potrebbero interessarti anche :