(di Mirko De Frassine) – Prove d’autore! intervista Gabriele Gamberini! Comics! Classe 1971, bolognese, laureato in filosofia, autodidatta in campo artistico.
A partire dalla fine degli anni ’90 si dedica principalmente alla pittura con esposizioni personali e collettive, in Italia e all’estero.
Successivamente lavora per l’editoria come disegnatore di libri illustrati e fumetti e per editori italiani e franco-belgi.
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INTERVISTA
Gabriele è un piacere averti con noi! Iniziamo l’intervista! Sei un classe ’71, da quando disegni fumetti? Hai fatto sempre questo nella vita o fai anche altro?
Ho sempre disegnato e dipinto. A un certo punto ho avuto la “pensata” di trasferire nel fumetto il mio stile pittorico. Allora non conoscevo molto i fumetti, a parte Tex, Dylan Dog, Corto Maltese e pochi altri, e non sapevo che in effetti cose del genere esistevano già. Poi la Repubbica ha pubblicato la collana dei classici del fumetto, e lì ho scoperto autori come Bilal, e soprattutto Alex Ross. Questo mi ha incitato ad andare avanti, anche se per il mercato editoriale ( italiano ) quello stile era poco appetibile perchè troppo costoso per la stampa. E infatti le mie prime occasioni di lavoro sono state per il mercato franco-belga. Oggi le cose sono cambiate, da una parte in meglio perchè ora la stampa di un fumetto a colori non è molto più costosa di un bianco e nero, e anche editrici italiane non molto grandi pubblicano a colori. E poi si sta diffondendo il digitale, che ovviamente non ha problemi di costi di stampa. Dall’altra le cose sono cambiate drasticamente in peggio perchè si è fatta avanti la crisi, e l’editoria ne ha risentito molto. Quindi ora lavorare per editori franco-belgi è diventato molto difficile, gli italiani pagano pochissimo, il digitale e il webcomic vanno bene solo per farsi conoscere ma non sono ( almeno per ora ) remunerativi. Io continuo a fare fumetti per quello che posso, anche per editori minori, ma non ho mai smesso di occuparmi anche di pittura e artigianato artistico.
Il tuo stile è molto particolare: sembra un po’ retrò un po’ vintage ma correggimi se lo identifichi in modo diverso!
In parte ho già risposto, è lo stile con cui dipingo. Come stile pittorico sicuramente è “retrò” dato che ormai è molto difficile vedere qualcuno che dipinga ancora in stile figurativo, tantomeno con questo livello di realismo e di attenzione al dettaglio. Nell’ambito del fumetto non lo definirei “retrò”, piuttosto lo definirei “di nicchia”, visto che il disegno realistico ormai, nel panorama editoriale ( italiano ) è diventato del tutto marginale rispetto, per esempio allo stile che imita il manga giapponese, o al disegno “schizzato” tipico dei webcomics. Ma basta guardare al mercato francese per trovare molti autori che lavorano con uno stile non molto diverso dal mio.
Cosa c’è di te nei fumetti che disegni? Sei ancorato più alle cose reali o ti piace spaziare su tutti i fronti?
Cosa c’è di me, non saprei. Come autore non ho mai realizzato lavori autobiografici, e come disegnatore non ho mai usato me stesso come modello. Poi certo qualcosa di sé lo si mette sempre nei propri lavori, anche inconsciamente. Quanto all’essere ancorato alle cose reali, sì, non c’è dubbio.
Ci racconti un’esperienza significativa che ti è successa nella tua vita in questo tipo di passione?
Se per esperienze significative intendi esperienze importanti per la mia “formazione”, menzionerei quella che forse è stata la più importante in assoluto: la collaborazione con due grandi autori belgi, Maryse e Jean-François Charles. Su loro sceneggiature ho illustrato quattro libri, più un integrale. E’ stato un rapporto non solo di lavoro ma anche di amicizia, e se oggi mi sento di proporre qualche lavoro come autore lo devo sicuramente a quello che ho imparato lavorando con loro.
Hai mai pensato ”Basta! La smetto! Questo mondo non capisce nulla dell’arte e soprattutto dei fumetti!” Sappiamo che il mondo dell’editoria con l’avvento di tecnologie e altro ha subito un calo.
Certo, l’ho pensato tante volte. Però il fatto è che mercato sta puntando solo sui giovanissimi e sta trascurando del tutto i potenziali lettori della mia età. Mi capita spesso di parlare con qualche coetaneo, e di sentire che rimpiange i “fumetti disegnati bene” di una volta. Quindi, se da una parte, per autori come me, le possibilità di lavorare nell’editoria sono sempre minori, dall’altra c’è sicuramente una nicchia, sia pure ristretta, di potenziali lettori da raggiungere con altri mezzi.
Come vedi i giovani verso il tuo lavoro? Riescono a capire le sfumature o non si interessano troppo?
La seconda, temo.
La tua idea di creare un posto, un sito in cui si iscrivano artisti per condividere le loro passioni è grandiosa! Ti piacerebbe dare vita ad una scuola dove artisti come te insegnino questo tipo d’arte magari tra un caffè o un buon bicchiere di vino?
Non so. Un luogo d’incontro, magari reale e non virtuale, per parlare delle passioni comuni, confrontarsi, ecc, caffè e vino compreso, è sempre sicuramente una cosa molto bella. Quanto alla scuola ho qualche dubbio. Il punto è che una scuola ha senso se ti forma adeguatamente per poter lavorare. Io sono autodidatta, non ho frequentato corsi, però ho sempre cercato di migliorarmi nella conoscenza delle regole del disegno e della composizione, della prospettiva, dell’anatomia. Oggi sembra che tutto questo sia superfluo. Le qualità che servono per diventare un nuovo Zerocalcare o simili non so proprio quali siano e non saprei insegnarle.
Quali pensi siano i settori che possono fare di più per il tuo? Oggi c’è una guerra aperta sulle materie a scuola da eliminare ed una è proprio storia dell’arte!
Credo che di per sé insegnare la storia dell’arte agli studenti serva a poco. Certo, serve. Ma bisognerebbe anche che la società in generale riconoscesse come valori la bellezza, l’arte e la cultura. Finchè, grazie soprattutto a una programmazione televisiva oscena, sarà trendy essere un modaiolo cafone e ignorante, è difficile aspettarci qualcosa di buono. Quindi va bene la scuola, ma prima di tutto io chiederei una maggiore sensibilità da parte delle istituzioni e soprattutto dei mezzi di comunicazione di massa.
Come vorresti fosse disegnata la società in cui vivi? C’è un posto dove sogni di andare a vivere e reputi sia migliore di quello dove vivi?
Premesso che l’erba del vicino è sempre più verde, adoro la Francia.