di Paolo Cardenà -
Ormai la rottura dell'euro non è più un tabù. Tanto è vero che le banche americane stanno approntando piani per far fronte a questa eventualità che sembra essere quanto mai possibile. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore:
Le banche americane si preparano a un eventuale crac dell'euro. In che modo? Contattando i clienti a cui hanno prestato denaro (mutuatari ad esempio) per rimodulare i contratti inserendo la clausola di break up della divisa unica europea, sinora non contemplata. Le stesse banche Usa - secondo quanto risulta al Financial Times - starebbero aumentando l'acquisto di credit default swap per proteggere i propri investimenti dall'altra parte dell'Atlantico. Oltre a moltiplicare gli sforzi degli studi legali per capire come evitare di ricevere pagamenti in dracme e peseta svalutate in caso di uscita dall'eurozona e di ritorno, per alcuni Paesi dell'Ue, al proprio conio.
Nel frattempo l'esposizione netta alle cinque economie periferiche dell'area - Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia (i Piigs per intenderci) - è in costante diminuzione. Come risulta dai documenti che periodicamente le banche Usa inviano alla Federal Reserve dopo che dalla scorsa estate le autorità americane, preoccupate proprio per l'avvilupparsi della crisi dell'euro, hanno preteso un costante monitoraggio del peso di titoli europei nei portafogli delle big bank a stelle e strisce.
Che la situazione sia diventata insostenibile, lo sappiamo da tempo. Al di là delle timide aperture della BCE, disposta ad acquistare titoli dei paesi in difficoltà sul mercato secondario e dell'esiguità di risorse a disposizione del fondo salva stati, allo stato attuale, manca una vera e propria rete di protezione idonea ad evitare una catastrofe che sta via via prendendo forma. Al netto dei toni propagandistici espressi dai vari leader europei secondo i quali la politica e le istituzioni europee faranno tutto il necessario per preservare l'integrità della moneta unica, di fatto, allo stato attuale, manca ancora un piano credibile di messa in sicurezza dei paesi in difficoltà e conseguentemente dell'euro. Gli allentamenti di politica monetaria promessi dalla BCE che dovrebbe intervenire sul mercato secondario e a supporto del fondo salva stati a sua volta impegnato sul mercato primario dei titoli di stato (ovvero in asta), non paiono poter garantire una soluzione di lungo periodo alla crisi dei debiti sovrani. Se è vero che la soluzione della crisi dell'eurozona, passa per una maggiore integrazione politica, economica e fiscale dei paesi dell'euro (ma non ci metterei la mano sul fuoco), altrettanto vero è che per essere attuata occorrono tempi e modi irrituali, credibili e comunque conciliabili con la gravità della crisi, che sembra ormai prossima al'esplosione definitiva. A tal riguardo, stando al piano di intervento tracciato dal Presidente della BCE, i paesi in difficoltà, per ottenere gli interventi finanziari (sia da parte della Bce e che dal fondo salva stati) dovrebbero comunque farne richiesta e sottostare agli impegni di un memorandum di risanamento (leggasi cessione di sovranità) che dovrebbe comunque essere sottoscritto con le autorità europee. La mancanza di automatismi di intervento della BCE e del fondo salva stati, oltre a determinare una escalation di tensioni sui mercati nelle fasi di trattativa che ogni stato in difficoltà dovrebbe avviare con le autorità europee, rischia di stigmatizzare i paesi bisognosi rendendoli ancor più vulnerabili agli attacchi speculativi. Inoltre, note le contrarietà tedesche, allo stato attuale, è del tutto impensabile che la BCE possa intervenire in maniera illimitata e senza orizzonti temporali definiti negli acquisti dei titoli di stato, benché effettuati sul mercato secondario attraverso un nuovo programma di acquisto bond governativi.
COMMENTI (1)
Inviato il 18 agosto a 18:12
Maya..previsto?Distruzione del mondo ma con la nascita della Nuova era..positiva per altri "forse" solo per il grande dragone..la CINA tutto sarà made in P.R.C. o quasi.. Morando