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Prove letterarie

Creato il 30 settembre 2014 da Rory

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Prova letteraria di un racconto che oggi ho avuto la balzana idea di scrivere. Ditemi se vi piace o se vi fa veramente schifo… e non vi preoccupate, sapete che non ho serie ambizioni letterarie (50 sfumature di schifo)!

Nonostante vivere lontano dal centro fosse piuttosto scomodo, quando Roberto si era trasferito dopo anni a Milano non aveva avuto dubbi; aveva deciso di affittare una villa piuttosto grande appena fuori dalla città, in un posto sicuramente meno tranquillo di ciò che ci si sarebbe potuti aspettare. Quel che lo aveva attirato di più non era possedere un’ampia magione, come aveva detto qualche suo amico per prenderlo in giro, quanto più l’avere un ampio e ben tenuto giardino. Si trattava di ben 100 ettari di terreno, probabilmente per qualcun’altro sarebbero stati troppi o troppo pochi ma per lui erano sufficienti o almeno, bastavano ai suoi bisogni. L’intenzione era di sistemarvi le opere d’arte che si dilettava a realizzare da diversi anni.

Erano delle installazioni molto particolari, sicuramente non semplici da comprendere. Ad un occhio non attento e non esperto di arte contemporanea potevano sembrare enormi ammassi di materiali che assumevano una forma umanoide, in un insieme che destava spavento più che ammirazione. Roberto non sembrava curarsi granché dei pareri negativi che riceveva in giro, per lui era un hobby piacevole che l’aiutava a distrarsi quando rientrava a casa dal lavoro e si ritrovava solo dopo una giornata di lavoro. Aveva sempre amato l’arte, seppure avesse scelto, un po’ a fatica forse, un percorso lavorativo differente che lo aveva portato ad una brillante carriera giornalistica che a soli 45 anni era culminata con la direzione del primo quotidiano italiano.

Questo compito così nobile ed importante (ma anche ben remunerato) aveva convinto Roberto a tornare a vivere in Italia dopo praticamente vent’anni. Dopo essersi laureato in lettere, infatti, si era trasferito a Londra per frequentare un master in giornalismo e successivamente, avendo iniziato a lavorare come corrispondente estero, aveva vissuto a lungo in Giappone ed in Cina ed infine a New York, dove era diventato caporedattore della sezione economica del prestigioso New York Times, il noto quotidiano statunitense. Nella City si era sempre trovato suo agio, nonostante fosse uno dei luoghi più caotici del mondo probabilmente. Roberto si definiva un moderato amante della confusione, nel senso che gli piaceva avere gente attorno a sé, anche se per un limitato periodo di tempo, che non superava la soglia delle 8 ore.

L’unica cosa che aveva iniziato a pesargli davvero nella vita della City era il non avere una compagna di vita. Aveva provato più volte a frequentare donne, senza fermarsi alla solita botta e via con una di quelle modelle un po’ troppo magre di questa o quell’agenzia (la sua preferita era la Elite) ma per un motivo o l’altro, non era mai andata bene. Fin troppe volte era scappato, ne era conscio, spesso aveva fatto loro anche del male ma neppure di questo sembrava rendersi davvero conto. Il problema non era in lui ma in loro. Anche se adesso che era a Milano, anche questa cosa sembrava essere cambiata ed anche in via definitiva, almeno un un certo senso.

Roberto sorrise, senza motivo. Si sentiva felice, cosa che non capitava molto spesso. Scoccò un’occhiata al camioncino che stava entrando nel vialetto della sua villa e sorrise ancora. Era un camion di quelli dei traslochi, piuttosto grande. Dentro c’erano le sue opere d’arte, che arrivavano direttamente da New York. Si era trasferito da poco ed il trasloco si era rivelato essere più problematico del previsto ma lui non si era amareggiato più di tanto, dal momento che era più che avvezzo ai problemi della vita.



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