Se non fosse un atteggiamento totalmente fuori luogo avrei aspettato una manciata di secondi e poi le avrei seguite, ma a favore dell’età adulta gioca la forza di volontà e l’abilità nello sfoggiare le convenzioni che sono universalmente condivise tra le persone più o meno normali. Quindi non si fa. Non sta bene e non ci avrei fatto per niente una bella figura. Così ho cercato di darmi un contegno e ho aspettato a casa, con un libro in mano abbastanza coinvolgente, che mia figlia rientrasse. Già. Il primo marzo sarà ricordato per una serie di avvenimenti che vanno dall’ok all’invasione russa in Ucraina alla prima volta un cui mia figlia è uscita da sola. Da sola nel senso senza papà e mamma ma con un’amichetta. Ieri mattina è passata a prenderla la sua compagna di classe che vive a un isolato qui, che ha dieci anni come lei, e insieme sono andate in biblioteca e dopo a comprare il pane. So per certo che entrambe hanno atteso questo battesimo dell’indipendenza con un entusiasmo e un’eccitazione così anomala per un adulto che, davvero, già solo l’attesa e i preparativi per il primo passo verso l’emancipazione (stiamo calmi, però, eh) mi hanno rimesso in pace con il mondo. Che tutto sommato da qualche parte ci dev’essere una meraviglia nelle piccole cose che le fanno sembrare grandi, ma è una specie di bonus che poi si esaurisce come l’elasticità del corpo, l’energia per la quale i ragazzini non stanno mai fermi e quella memoria che ti fa rimanere tutto solidamente appiccicato da lì a tutta la vita dopo. Così sono uscite. E non è stata certo la forte pioggia che c’era qui a dissuaderle dall’obiettivo. Le abbiamo riempito la coscienza di suggerimenti, che chissà se ci ascoltavano o se erano già sulla via della loro avventura con lo zainetto impermeabile sulle spalle, l’ombrello e gli stivali di gomma. E lo so, siete tutti lì con la mano alzata pronti a commentare che voi a sei anni giocavate in strada, a otto facevate la spesa per i nonni, a dieci ve la cavavate da soli in piscina, e che vi devo dire. Io la penso tale e quale a voi, ma poi mi guardo intorno e boh. C’è da stare sereni? Tanto che davvero, sono stato lì lì per gettarmi al loro inseguimento, di nascosto. Ma poi così chi vive più. Ed è in quell’istante che mi sono anche chiesto quando si è manifestata la prima volta nell’evoluzione del genere umano in cui per dei genitori è stato chiaro che i loro figli non sarebbero stati a loro volta dei genitori, ma che sarebbero sempre stati dei figli. Si è inceppato un meccanismo di trasmissione di consegne o sono solo io che mi preoccupo troppo? Comunque, per farla breve, se la sono sbrigata in fretta, le ragazze. Il maltempo non le ha spinte a godersi appieno quella prima libertà. Hanno restituito i libri in biblioteca, ne hanno scelti un paio di nuovi, poi qualche francesina dal panettiere, che se non lo compriamo al sabato il pane fresco finisce che non lo mangiamo mai, e poi a casa. Tre quarti d’ora in tutto ma un’esperienza di tutto rispetto, da raccontare lunedì in classe, da mettere un paio di asterischi sul calendario alla data del primo marzo.
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