Magazine Diario personale

p.s. tvb

Da Frufru @frufru_90
Quante lettere ci scrivevamo da piccole? Un'infinità. Più che lettere direi bigliettini. Bigliettini pieni di “ti voglio bene”, di “amiche per sempre”, di disegni fatti al volo coi pennarelli che puntualmente lasciavamo stappati. Come molte cose importanti il nostro diventare amiche, dopo che cugine, è iniziato con milioni di litigi. Ci tiravamo anche i capelli. Mi ricordo che una sera stavamo preparando un intruglio con acqua e farina per le nostre bambole, quando, non so per quale motivo, ho preso l'impasto ancora molliccio e te l'ho spalmato ben bene sui tuoi capelli. Mi sembra ancora di sentire come piangevi e mi sembra ancora di sentire le strapazzature dei grandi. Era solo uno shampoo originale. Un giorno poi abbiamo smesso di picchiarci e di odiarci e abbiamo scoperto che insieme stavamo bene. Questo per la gioia dei nostri genitori che finalmente potevano lasciarci stare in camera da sole senza temere che una tornasse vittoriosa col cadavere dell'altra. p.s. tvb La mia infanzia l'ho passata con te ed è stata bellissima. Ogni pomeriggio chiamavi perché volevi venire a casa mia, tua mamma ti accompagnava e noi per due minuti facevamo i compiti, poi riprendevamo il nostro gioco dal punto in cui l'avevamo lasciato il giorno prima. La nostra fantasia produceva personaggi di ogni genere e tipo. A volte ci incrociavamo i mignoli, come Terry e Megghy, per teletrasportarci da qualche parte. Il teletrasporto reale consisteva in una corsa dal pino agli alberi di ciliegie, generalmente, ma nella nostra immaginazione chissà dove eravamo arrivate. Chissà. Era bello essere mamme dei nostri Ciccio Belli, era bello inventare per loro pappette di fili d'erba e sassolini accuratamente scelti. Era bella la nostra ingenuità che ci faceva giurare e stragiurare che il nostro gioco non sarebbe finito mai. p.s. tvb Invece un giorno è finito e non ce ne siamo nemmeno accorte. Un giorno ci siamo trovate a parlare di persone reali, ci siamo scoperte cresciute. La fantasia non ci bastava più. Volevamo un contatto reale. Abbiamo iniziato a riempire il nostro diario di nomi e cuoricini colorati. Mi ricordo ancora quando mi hai detto che lui ti aveva baciato nel bagno della scuola e che tu non sapevi che cosa fare, ma in fondo era stato bello. Guardavamo insieme “Dawson's Creek”, tu tifavi Dawson, io Pacey. Alla fine ho vinto io, ma proprio per un pelo. Ci sono stati momenti in cui ci siamo allontanate, momenti in cui io ero presa dalla scuola nuova e tu da altri amici. Ci sono stati momenti in cui il flusso libero e tranquillo delle nostre parole si è interrotto. Momenti in cui abbiamo fatto finta di non vedere, di non sapere, di non capire. Momenti in cui avrei voluto stringerti e abbracciarti e dirti che c'ero ancora lì accanto a te, come sempre, ma ero bloccata. Quel via vai di medici, quelle diagnosi, quei capelli che non c'erano più, quelle mani gonfie, mi lasciavano immobile, da sola con i miei pensieri. Io non riuscivo più a sorriderti come prima e non riuscivo più a parlarti come prima. Credevo che avere sedici anni significasse essere grandi, ma era una bugia. Sedici anni erano decisamente troppo pochi per saper gestire un dolore così grande. Nei tre anni successivi ero con te ogni sera, a risentirti filosofia, a spiegarti un passaggio di matematica. Ero con te, ma non ti dicevo niente. Non trovavo nessuna parola per spiegarti quello che sentivo. Avrei voluto teletrasportarci indietro nel tempo, tornare a mangiare le ciliegie senza limiti, avrei voluto tornare a riempire il nostro diario di cuoricini, avrei voluto riprendermi la mia fantasia e avrei voluto scoprire che la magia davvero poteva curare anche le malattie. Ma la vita non è andata come noi immaginavamo, come noi speravamo, insieme, senza dircelo. Abbiamo dovuto capirlo quello che volevamo non capire e abbiamo dovuto accettare l'inaccettabile. Lo dicevano i grandi che è così che va la vita, ma noi non volevamo crederci. Quel giorno di giugno, senza dirti una parola, ti ho stretto più forte che potevo e abbracciata a te ho sentito il sapore diverso di un dolore grande così. Guancia a guancia, le nostre lacrime si sono mischiate e le nostre parole sono restate sospese nell'aria calda di un pomeriggio che non dimenticherò mai. Da quel giorno di giugno sono passati poco più di due anni. A volte ho l'impressione che la mia vita si sia fermata lì, in attesa non so di che cosa. Non ti sono stata vicina come avrei voluto, ma quel freddo ha paralizzato un po' anche me. Anch'io a volte vorrei solo tornare indietro, riavvolgere il nastro, rivivere i nostri carnevali, riempire il suo maglione di coriandoli, come ogni anno. Anch'io vorrei sentirla urlare dalla sala di sbrigarci a finire il gioco, perché la minestra è già sul fuoco e finisce che poi si brucia. Anch'io vorrei provare a convincerla ancora di farti rimanere a cena da noi, non importa se ci sei già stata ieri e anche il giorno prima. Ti voglio bene, questo lo sai, te lo scrivo ancora nei messaggi. Ti voglio bene. Mi sento uno schifo quando penso a tutto quello che hai dovuto subire, a quello che stai ancora subendo, perché lo so che il tuo dolore è diecimila volte più grande del mio. E lo so che ci stai male anche se non lo dai a vedere, anche se corri come una pazza e fai mille cose, anche se ti circondi di mille amici, anche se sorridi sempre a tutti, anche se per tutti hai i consigli giusti. Sei una persona fantastica e ti avrei voluto bene anche se non ci fosse stato alcun legame di sangue tra noi. Io spero davvero che da adesso in poi la vita sia in grado di ridarti indietro tutto quello che ti ha tolto troppo presto. Io spero che tu saprai decifrare i tuoi sogni e che saprai lottare per realizzarli. Io ci sarò e so che, ovunque andrai, ci sarai anche tu. Tu per me sei una piccola grande certezza, so che ci sarai per sempre. Oltre ogni amore che finisce, oltre ogni persona che se ne va, oltre agli amici che poi cambiano, ma cambiano in un modo che poi non li riconosci più. Tu cambierai, io cambierò, noi cresceremo, ma resteremo amiche. Io lo so. Mi piace crederlo, cuginetta. Ti voglio bene. Adesso basta scrivere, meno male che sono solo davanti al computer, perché se avessi avuto un foglio l'avrei bagnato tutto a quest'ora. Ti voglio bene, te lo scrivo ancora così lo senti di più.
Questo post è la mia terza tappa della caccia al tesoro di Mammafelice.

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